2014-08-26_16

Intervista alla Vicemoderadora della Mesa Valdense

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Nel saluto al Sinodo ha fatto accenno alla presenza della chiesa nella società e delle riflessioni che la chiesa può portate nella dimensione pubblica. Ha fatto anche riferimento ai giovani. Volevamo chiedere di approfondire questo aspetto.

Negli ultimi anni questa è stata una sfida, dopo un lungo tempo in cui abbiamo vissuto dittature militari in Argentina a Uruguay, durante le quali anche le comunità religiose hanno sofferto la mancanza di libertà che non permetteva di mettere in relazione il pensiero biblico con la realtà sociale. Oggi lentamente, attraverso ciò che ci arriva dalle comunità locali, nascono nuovi temi e recuperiamo uno spazio per il dibattito su tematiche sociali che si era perso negli ultimi anni.

Faccio l’esempio del progetto per una nuova legge sulla “salute riproduttiva” in Uruguay. Quest’anno in ottobre, sempre in Uruguay, si voterà inoltre una legge per l’abbassamento dell’età per la perseguibilità penale dei minori e dunque anche le chiese, grazie al movimento giovanile, ha approvato un atto nell’ultimo Sinodo che chiede alle chiese locali di discutere questo argomento proseguendo nell’impegno per la lotta in favore dei diritti umani. Questi sono alcuni dei temi emersi in questa nuova fase di maggiore libertà nella quale stiamo recuperando il collegamento tra la vita di fede e quella pubblica.

Un progetto interessante è quello relativo all’ospitalità di rifugiati siriani in particolare in Uruguay. Ce lo vuole raccontare?

Il progetto nasce per dare a queste famiglie, e ai bambini senza famiglia, un nuovo spazio in cui vivere grazie ad un primo passo che il governo dell’Uruguay ha fatto per accogliere dei rifugiati. Tutto ciò è qualcosa di inedito per noi. L’Uruguay è un piccolo Paese tra due più grandi: Brasile e Argentina. È lì che solitamente si dirigono le famiglie che cercano rifugio, data la grandezza del territorio, la diversità dei gruppi culturali presenti, il maggiore movimento di persone. Per questo il nostro Paese si trova spesso ai margini. Pensare che a settembre arriveranno circa 120 persone dalla Siria per poter ottenere rifugio e la possibilità di cominciare qui una nuova vita è per noi qualcosa di veramente nuovo, oltre che una sfida per la cultura uruguaiana. È una sfida anche per le nostre chiese che sono chiamate a ricordare le nostre origini di migrazione e ricordare il fatto che come popolo di Dio siamo sempre un popolo itinerante, in esodo, alla ricerca di una nuova terra e un luogo in cui trovare una vita più piena. Il Governo ci ha da poco convocato attraverso la Federazione delle Chiese Evangeliche in Uruguay per organizzare l’aiuto che possiamo offrire per questo progetto. Ci troviamo dunque in una fase di dialogo con il Governo e con altre associazioni sociali e religiose per condividere le risorse che abbiamo.

Lei è membro del Comitato Esecutivo della Comunione Mondiale delle Chiese Riformate. Quali sono le sfide che ha questo organo internazionale?

Con altri due membri rappresento l’America Latina nel Comitato Esecutivo della Comunione Mondiale delle Chiese Riformate. In questi ultimi anni abbiamo lavorato allo spostamento della sede dal Centro ecumenico di Ginevra a Hannover in Germania. È stato eletto un nuovo Segretario esecutivo. Il pastore Setri Nyomi ha concluso il suo periodo dopo più di quattordici anni di lavoro e ora il nuovo Segretario è il dr. Christofer Ferguson, della Chiesa Unita del Canada, il quale è stato impegnato in particolare in Colombia con il programma “aiuto alla ricerca della pace”. Trovo che ci sia un’affinità di esperienze con le Chiese del sud Europa, dove essere protestante significa anche essere minoranza. Si sta inoltre cercando di rafforzare il collegamento con le chiese locali e per questo c’è sempre più concentrazione sul lavoro nelle regioni territoriali. Tutte le iniziative e i programmi dettagliati si possono conoscere dalla pagina web.