Insegnamento religione cattolica, fuga di studenti ma sanatoria per 6400 docenti

Sempre meno gli studenti che si avvalgono dell’ “ora di religione”, mentre Cei e Ministero firmano un accordo per un concorso che regolarizza migliaia di docenti selezionati dalle diocesi

 

Due notizie riportano l’attenzione sul tema dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) nelle scuole italiane.

Da un lato ci sono i dati resi noti dal Ministero dell’Istruzione relativi alla partecipazione degli studenti all’Irc. Dati in calo costante se è vero che nel 2023  i non avvalentisi sono infatti 1.096.846 mentre nel 2020/21 erano pari a 1.014.841, con un balzo in avanti di un punto e mezzo percentuale, dal 14,07% di due anni fa al 15,5% di oggi. Vi sono città come Firenze o Bologna dove queste percentuali superano il 35%, mentre in tutte le grandi città del Nord si attestano attorno al 30%, cioè uno studente su tre non frequenta l’ora di religione. Le percentuali calano scendendo verso Sud. Qui la tabella con tutti i dati provincia per provincia, pubblicati dal sito dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti.

 

«Dal confronto dei dati – si legge sul sito Uaar – è emerso che campione assoluto di laicità è lo storico Istituto Professionale Statale per l’Industria e l’Artigianato Massimo Olivetti di Ivrea (To) con 86 non avvalentisi su 95 (90,53%). Per i licei in vetta alla classifica c’è l’Enriques Agnoletti di Sesto Fiorentino, con l’80,41% di studenti che sceglie di non subire l’Irc. Non lontano, a Firenze, vince per la categoria degli istituti tecnici il Sassetti-Peruzzi (tecnico per il turismo) con 209 su 244 studenti (l’85,66%) che non si avvalgono. Per le primarie ci spostiamo ad Ancona, dove alla Leonardo da Vinci l’83,50% dei bambini frequenta solo lezioni laiche. A Torre Pellice (To) nelle valli valdesi c’è invece la secondaria di primo grado I.C. Torre Pellice – Rodari, con record di no all’Irc: 148 su 175, pari all’84,57%. Vincitrice nella categoria “infanzia” con l’87,50% di non avvalentisi è invece la scuola dell’infanzia Idria, di Comiso (Rg)».

 

Di fronte a questi dati freschi rimbalza la comunicazione sull’intesa  siglata dal presidente della Conferenza Episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, e dal ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, sul concorso ordinario per la copertura del 30% dei posti per l’insegnamento della religione cattolica vacanti. Il restante 70% dei posti disponibili sarà coperto grazie a una procedura straordinaria, riservata ai docenti con almeno 36 mesi di servizio. Una sorta di sanatoria insomma degli insegnanti già in servizio. Il bando da 6400 posti è riservato a chi ha almeno tre anni di servizio e non prevede alcun limite inferiore di punteggio. Morale: è sufficiente partecipare con i requisiti idonei per essere assunti regolarmente. Tra i requisiti è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana all’insegnamento della religione cattolica.

 

Come sottolinea il sito della Chiesa luterana in Italia (Celi) «Si tratta di 6400 docenti che troveranno così sistemazione, tra concorso straordinario e ordinario, nei ranghi della Scuola statale in Italia e che quindi verranno pagati dallo Stato».

«Queste iniziative particolari – prosegue il portale della Celi – sembra vogliano ribadire quanto la Scuola statale in Italia sia una sorta di “riserva indiana” ad uso di un confessionalismo anacronistico persino per gli stessi insegnanti di religione cattolica. Sarebbe appena opportuno prendere atto che nel nostro Paese, nel frattempo, si sono consolidate presenze e percorsi universitari ben più inclusivi ed accoglienti in materia di pluralismo religioso. Tanto nelle facoltà statali quanto in quelle confessionali».

 

Una nota poi sul tempismo: «A ridosso della prossima Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, l’iniziativa del Ministero e della Cei, appare ancor più estranea alle speranze che, proprio nel dialogo ecumenico, si coltivano da diverso tempo. Ed allora è bene ribadire che la parità religiosa davanti alle Istituzioni dello Stato deve essere formale ma anche sostanziale. E, nel pieno rispetto dell’autonomia scolastica, sarebbe oggi appena il caso di valutare il concorso, per insegnamenti di questo tipo, di sensibilità e competenze ben più ampie di quelle previste da una qualsiasi certificazione dell’idoneità diocesana all’insegnamento della religione cattolica».

 

«L’insegnamento della religione – ha dichiarato il ministro Valditara – è un’occasione di confronto e di dialogo sui principi etici e morali che da sempre accompagnano le civiltà nel loro cammino. È anche l’occasione per andare alle radici della nostra civiltà imparando a conoscere il messaggio cristiano. Approfondire questi temi significa fornire agli studenti gli strumenti per conoscere alcuni aspetti imprescindibili della nostra storia. Grazie a docenti motivati e competenti sarà possibile creare sempre più momenti di approfondimento e di arricchimento culturale».

Il ministro confonde la parola cristiano con cattolico, ma su questo aspetto arriva buon ultimo.