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Giappone e Stati Uniti insieme a Pearl Harbor

Erano le 7.49 del 7 dicembre di 75 anni fa, nel 1941, quando i primi 183 velivoli partiti dalle portaerei giapponesi del Pacifico agli ordini del capitano di fregata Mitsuo Fuchida piobarono improvvisi sulle truppe statunitensi di stanza a Pearl Harbor, porto militare che si trova sull’isola di Oahu, parte dell’arcipelago delle Hawaii.

L’impero del sol levante non aveva ancora preso ufficialmente parte al secondo conflitto mondiale, come del resto gli Stati Uniti. La dichirazione formale di guerra venne presentata solamente ad attacco in corso, tanto che il presidente Roosevelt definì quel 7 dicembre “il giorno dell’infamia”. Fu una strage o un grande successo, a seconda dell’angolatura con cui si guarda alla storia. Ma fu anche l’atto che spinse in guerra gli Stati Uniti, e saranno loro a mutare ancora una volta in maniera decisiva le sorti del conflitto, come nella prima guerra mondiale dopo l’affondamento del sottomarino Lusitania.

In un’ora o poco più di raid la flotta navale a stelle e strisce viene pressoché cancellata: addirittura 5 corazzate vengono affondate sulle 8 totali presenti in zona, così come 2 cacciatorpedinieri. Addirittura 188 aerei vengono dsitrutti e 155 danneggiati. I giapponesi contano 64 caduti nell’operazione, gli americani 2402, una carneficina e una disparità enorme dovuta proprio al blitz che colse tutti di sorpresa. Il giorno dopo, l’8 dicembre 1941 il Congresso degli Stati Uniti dichiarò guerra al Giappone con voto plebiscitario. Unica astenuta la repubblicana Jeanette Rankin, fervente pacifista, la prima donna a venir eletta al parlmanento degli States nel 1916, 4 anni prima dell’entrata in vigore del 19simo emendamento che concedeva il voto alle donne.

Ieri 27 gennaio 2016 un cerchio si è in qualche maniera chiuso. Il Primo ministro giapponese Shinzo Abe ha deposto una corona di fiori al cimitero di Honolulu, dove riposano le spoglie di 50mila militari americani, per poi recarsi nel cimitero di Makiki dove invece sono sepolti i giapponesi emigrati.

Oggi invece, alla presenza del presidente uscente Barack Obama, Abe presenzierà ad una cerimonia in suffragio che si terrà davanti al relitto della corazzata Arizona, simbolo e memoriale dell’attacco di Pearl Harbor. Il gesto di Abe fa seguito alla storica prima volta di un presidente americano, Obama per l’appunto, in visita a Hiroshima, laddove cadde la prima bomba atomica nel maggio di quest’anno. L’abbraccio fra l’inquilino della Casa Bianca e Shigeaki Mori, uno degli anziani sopravvissuti alla distruzione della città, un Hibakusha in lingua nipponica, , è già fra le immagini simbolo del mandato presidenziale di Obama, e una delle più significative di queso inizio secolo.

Per il Giappone invece non è la prima visita ad uno dei luoghi simboli dell’ultimo conflitto mondiale, come hanno invece erroneamente riportato alcune testate anche prestigiose come il New York Times che si è scusato con i lettori per la gaffe.Addirittura nel 1951 il primo fu Shigeru Yoshida, già ambasciatore in Italia negli anni’30, seguito nel 1956 da Ichiro Hatoyama e nel 1957 da Nobusuke Kishi, nonno materno proprio di Abe. Si trattò però sempre di visite private. Da allora più nulla fino a ieri.

Immagine: By Victor-nyOwn work, CC BY-SA 3.0, Link