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Dibattito in Francia sul Concordato dell’Alsazia-Mosella

La controversia sul finanziamento pubblico della nuova moschea di Strasburgo ha riportato in primo piano il dibattito sullo speciale regime concordatario che regola le relazioni fra Stato e Chiesa, presente nelle regioni dell’Alsazia e della Mosella.

Al momento del varo della celebre legge del 1905 sulla separazione fra Stato e Chiese, uno dei cardini della laicità transalpina, queste terre di confine, scosse da secoli di guerre, si trovavano sotto la dominazione tedesca, a seguito della guerra franco-prussiana del 1870-71. Non fu quindi applicata la nuova norma, ma restò in vigore il Concordato siglato a inizio ‘800 da Napoleone Bonaparte e papa Pio VII. Le differenze principali consistono nell’insegnamento delle religioni a scuola, che non avviene nel resto del Paese, e negli stipendi, pagati con fondi pubblici, dei ministri di culto delle tre religioni all’epoca e ancora oggi riconosciute, cattolicesimo, protestantesimo riformato e ebraismo, .

Nemmeno la fine della Prima guerra mondiale ha portato a un allineamento alla norma del 1905, e si è scelto dunque di mantenere un regime speciale quale parziale riconoscimento delle peculiarità di una terra particolarmente provata da decenni di violenti conflitti fra le due potenze europee.

A intervalli regolari il dibattito sull’abolizione del Concordato riemerge nei discorsi politici, e la questione del luogo di culto islamico a Strasburgo è stata per l’appunto l’ultima occasione: sebbene il culto musulmano non rientri fra quelli riconosciuti ufficialmente, il Concordato consente la creazione di associazioni che possono così anch’esse godere di sostegni, anche finanziari, pubblici.

Il finanziamento del culto in Alsazia-Mosella è al centro dell’attenzione da diverse settimane anche perché l’associazione che si sta occupando della costruzione della nuova moschea, la turca Millî Görüs, ha rifiutato di firmare la carta dei principi per l’Islam in Francia, voluta dal presidente Macron per dotare di una cornice le relazioni fra Stato e comunità musulmane.

I rappresentanti dei culti hanno deciso di far sentire la loro voce con un comunicato congiunto dato alle stampe ieri 3 maggio, firmato dai vescovi cattolici di Metz e Strasburgo, Jean-Christophe Lagleize e Luc Ravel, dal presidente dell’Unione delle Chiese protestanti dell’Alsazia e Lorena Christian Albecker, dal presidente del Consiglio sinodale della Chiesa protestante riformata d’Alsazia e Lorena Christian Krieger e i grandi rabbini di Metz, Strasburgo e Colmar: Bruno Fiszon, Avraham Weill e Claude Fhima. Spiegano il loro «comune attaccamento» a questa particolarità regionale che considerano «un’opportunità per l’Alsazia-Mosella e per la Repubblica».

«Il Concordato e altre disposizioni molto più ampie di diritto locale sono il risultato di una storia particolarmente turbolenta e per molti versi tragica – si legge ancora nel testo-. La nostra Repubblica è onorata di riconoscere le peculiarità regionali nel campo dell’organizzazione politica, della cultura e del culto […] È bene che lo Stato riconosca e incoraggi questa diversità». I leader religiosi ricordano che il Consiglio costituzionale ha riconosciuto ancora nel 2013 «che le disposizioni degli articoli organici relativi al culto in Alsazia-Mosella sono conformi alla Costituzione».

I ministri di culto vedono in questo regime «una laicità del contratto, a differenza di una laicità della separazione che caratterizza la legge del 1905» che conferisce loro diritti e doveri: «obbliga i culti a concepirsi come attori della vita pubblica. A promuovere legami sociali e culturali. A contribuire attraverso il loro impegno nel dialogo interreligioso a una convivenza armoniosa, fraterna e pacifica delle religioni».

Inoltre «La legislazione locale consente di contribuire alla cultura religiosa dei giovani offrendo, nell’ambito dell’educazione religiosa nelle scuole pubbliche, un’offerta formativa che permetta loro di comprendere meglio il mondo, e in particolare la sua dimensione religiosa. . Allo stesso modo, le facoltà teologiche integrate nell’Università di Strasburgo consentono di formare sacerdoti, pastori e cappellani, rispettosi di una laicità che sa dare il giusto posto alle religioni nella sfera pubblica». Tanti elementi che fanno considerare «il diritto di culto locale non come una sopravvivenza di privilegi ereditati dal passato, ma come un’esigenza di grande modernità in vista delle sfide del nostro secolo».

 

Foto: la sede Uepal di Strasburgo