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Il giovedì della preghiera delle donne

L’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne – nato a marzo 2019 e composto da donne di religione ebraica, cristiana, musulmana, induista, buddista – promuove «Il giovedì della preghiera delle donne». 

«In un tempo drammatico che scardina molte nostre abitudini e certezze, – afferma Paola Cavallari, presidente dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne – ci ha raggiunto l’intuizione di promuovere, come donne di fede, un momento di preghiera che rispettasse l’ispirazione interreligiosa che ci connota. In un frenetico lavoro di squadra, abbiamo dato a quest’idea una veste compiuta e l’abbiamo proposta attraverso i nostri “poveri” canali: le chat, la pagina Facebook, il nostro blog.

A livello nazionale, l’Osservatorio fino ad ora non aveva promosso iniziative di preghiera; ma essa è un punto costitutivo del nostro Protocollo d’intesa, il documento sulla base del quale abbiamo dato vita alla Associazione.

L’appuntamento è settimanale, ogni giovedì alle ore 21 donne e uomini di fedi diverse, a partire da una frase non confessionale che si alternerà ogni settimana, uniranno le loro voci e i loro pensieri condividendo un tempo di meditazione e preghiera. 

«Abbiamo scelto questo giorno in accordo con i #Thursdyinblack (Giovedì in nero), la campagna contro le violenze sulle donne promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC)», prosegue Paola Cavallari. «Come primo appuntamento (il 26/3) abbiamo fornito come traccia di meditazione una frase – breve, sobria – tratta dal Diario di Etty Hillesum (La miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure la sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora nel mio cuore si innalza sempre una voce – non ci posso fare niente, è di una forza elementare -, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo…), una figura eccezionale, dall’animo grande.

La metafora bellica sta dilagando, ma ci appare un alibi della cultura patriarcale che non vuole assumere consapevolezze sul modello di sviluppo distruttivo che ha instaurato; un virus sta smascherando le contraddizioni strutturali del sistema androcentrico e autoritario che ha pervaso la nostra società. Il nostro è un invito dal basso, promosso da voci femminili ma che accoglie tutti e tutte, un appello che si situa sulla soglia delle comunità istituzionali, ma che non è alternativo a nessuno. La preghiera per noi non ha nulla di magico. Abbiamo rivolto la sollecitazione a un tenersi per mano, seppure in un orizzonte ideale, intrecciando i propri sguardi volti alla ricerca spirituale di un Dio a nostro fianco, un Dio che soffre e piange insieme a noi, ma che può consolarci».