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Fame di giustizia in teoria

In Turchia due insegnanti, Nuriye Gulmen e Semih Ozakca, sono in sciopero della fame dal 9 marzo. Come altri hanno scritto: «hanno fame di giustizia da oltre 200 giorni».

La testimonianza di Nuriye e Semih contro lo stato di emergenza che li aveva condannati, assieme a migliaia di altri lavoratori, alla morte sociale dopo essere stati espulsi dal loro posto di lavoro, è senza soluzione di continuità. Una lotta sostenuta e difesa da altri lavoratori che sfidano divieti, repressione, arresti, stati di fermo, tortura.

Alla fine del 2016, non tollerando l’estendersi della solidarietà, il governo dell’AKP aveva accentuato la pressione sui due insegnanti proibendo qualsiasi forma di manifestazione, canti, balli ed ogni sorta di invocazione (sia scritta che verbale) dei nomi di Nuriye e Semih.

Oggi di fronte a Recep Tayyip Erdogan si ergono, fragili ma immense, queste due figure di resistenti: un’accademica universitaria, Nuriye Gulmen e un maestro di scuola primaria, Semih Ozakca.

Nuryie è una dei circa 150mila funzionari pubblici, di cui 51mila accademici, licenziati, espulsi dal posto di lavoro in quanto accusati di essere coinvolti nel golpe dell’anno scorso. A loro inoltre è stato tolto il passaporto condannandoli in sostanza alla morte civile.

Circa un anno fa, nel novembre 2016, Nuriye e Semih avevano deciso di costituire come forma di protesta un presidio civile permanente.

Da allora sono stati sottoposti ad almeno 27 “custodie preventive” (l’equivalente dello stato di fermo) e infine arrestati. Tornati in libertà, il 9 marzo hanno iniziato lo sciopero della fame. A loro si sono uniti altri in solidarietà, una decina per ora. La moglie di Semih è in sciopero della fame da oltre 150 giorni.

Scontato precisare che le accuse nei loro confronti sono completamente infondate e poggiavano sul nulla: con il movimento di Fethullah Gulen non avevano mai avuto niente a che fare, così come la stragrande maggioranza delle persone licenziate.

Il 23 maggio Nuriye Gulmen e Semih Ozakca sono stati definitivamente arrestati per “appartenenza ad associazione terrorista” utilizzando le dichiarazioni di altri due militanti di sinistra (Fadime Yigit e Mustafa Kocak), dichiarazioni estorte con torture e minacce.

A tale proposito, il 28 settembre la commissione di relazioni internazionali del Fronte del Popolo, ha emesso un comunicato in cui denunciava come Fadime Yigit, militante sottoposta ad obbligo di firma, fosse stata sequestrata nella stazione di polizia, minacciata di stupro e torturata con la richiesta di fare nomi.

Successivamente anche Mustafa Kocak ha rivelato di essere stato stato interpellato per testimoniare contro Nuriye e Semih. Qualora si fosse rifiutato, lo minacciarono, gli avrebbero stuprato le sorelle. Immediatamente dopo tali dichiarazioni anche per lui si sono aperte le porte del carcere.

Sul loro caso si era pronunciata la Corte europea per i Diritti dell’Uomo (il 2 agosto). Tuttavia, dopo aver considerato i rapporti medici e considerando che nel frattempo i due erano stati trasferiti dalle celle nell’ospedale del carcere di Sincan, la Corte europea ha stabilito che «stanno bene e sono curati». Potevano quindi rimanere in stato di detenzione qualora venisse garantita un’assistenza personalizzata, assegnando cioè ad ognuno di loro una persona a loro scelta in assistenza quotidiana di 24 ore.

La prima udienza risale al 14 settembre. Nel tribunale di Ankara era presente anche una folta delegazione di osservatori internazionali (greci, italiani, bulgari…).

Con un tempismo sospetto, solo due giorni prima (il 12 settembre, anniversario del golpe del 1980) veniva arrestato tutto il collegio difensivo: ben sedici avvocati di cui 14 ancora in carcere. L’accusa è di essere legati al Fronte rivoluzionario della liberazione popolare (DHKP-C). Ossia, tecnicamente: “appartenenza ad organizzazione terrorista”.

Si tratta di appartenenti agli avvocati del popolo (Dipartimento per i diritti del popolo #HHB) e agli avvocati progressisti #CHD.

In poche ore erano giunte oltre 2135 deleghe firmate da avvocati da ogni angolo della Turchia a sostegno della difesa, una incredibile dimostrazione di solidarietà.

Più difficile comunque ora il compito della difesa dato che tutta la documentazione preparata dagli avvocati è stata sequestrata e fatta sparire per mano della polizia.

All’udienza del 14 settembre i due imputati erano assenti per “ragioni di sicurezza”. Ufficialmente l’apparato turco di sicurezza non sarebbe in grado di impedire un eventuale tentativo di fuga di Nuriye e Semih (da tempo allettati): una giustificazione paradossale.

I due dossier (di 25 e 45 pagine) contro di loro appaiono inconsistenti. Una ricostruzione ad hoc realizzata dai corpi di polizia. Le principali accuse sono: aver fatto la V di vittoria con le dita, aver scritto sui social media con colori giallo e rosso, essersi vestiti di rosso e giallo, aver scritto “voglio il mio lavoro indietro” con questi colori. Colori che rimandano a quelli del Fronte del Popolo e di riflesso possono evocare i colori del DHKP-C. Inoltre sono accusati di aver partecipato ad assemblee pubbliche in cui denunciavano le purghe e di aver linkato articoli che parlavano della loro situazione sul giornale del Fronte Popolare dedicato ai lavoratori pubblici.

Comunque l’udienza del 14 settembre veniva sospesa per la mancanza di un documento e aggiornata al 28 settembre. Due giorni prima Nuriye era stata trasferita dall’ospedale del carcere all’ospedale pubblico di Numune ad Ankara (perdendo quindi l’assistenza personalizzata: ora può incontrare solo un familiare per cinque minuti al giorno). Nel frattempo, inevitabilmente, le sue condizioni di salute sono andate peggiorando, con danni probabili al sistema nervoso e cardiovascolare. Al momento si trova in un reparto di terapia intensiva e rischia seriamente di essere sottoposta all’alimentazione forzata se solo dovesse perdere conoscenza.

Probabilmente si vuole impedire che Nuriye venga in aula, possa mostrarsi in pubblico, difendersi al processo.

Stando a quanto dichiarava chi l’ha vista recentemente il suo aspetto, dopo aver perso oltre 40 chili, sarebbe spettrale (invece Semih ha perso “solo” 34 chili).

Quasi contemporaneamente dalla Procura di Istanbul veniva emessa una lista di 110 nominativi di militanti del Fronte del Popolo (Halk Cephesi) e quindi, secondo gli inquirenti, in qualche modo collegabili ad “una organizzazione terrorista”. Al momento un’ottantina di persone sono già state arrestate. Tra di loro molti avvocati, un medico, militanti già presenti a Gezi Park (tra loro anche la famosa “zia di Gezi Park”).

Arrestati un altro avvocato del popolo, Naim (il quindicesimo per ora) e Ayse Lerzan Caner, conosciuta anche in Italia per il suo impegno a fianco delle famiglie dei prigionieri politici.

Com’era prevedibile, il 28 settembre il famoso documento (la cui mancanza aveva giustificato la sospensione della prima udienza) non è mai stato recapitato. In compenso, per mano della pubblica accusa arrivava la “dichiarazione” dei due testimoni tutt’ora in carcere che identificano Nuriye e Semih come membri del DHKP-C. Da questa organizzazione avrebbero ricevuto l’ordine di dichiarare lo sciopero della fame con fini “eversivi”. Confessione, come ho detto, presumibilmente estorta con la tortura e le minacce.

Per quanto fortemente militarizzata, quella del 28 – racconta chi vi ha partecipato – è stata una udienza relativamente tranquilla: qualche minaccia, qualche carica, 2-3 fermi…

La precedente era stata sicuramente più dura, in particolare per l’ampio uso di spray a base di agente orange.

Il 20 ottobre la terza udienza, con la presenza dei due che avrebbero fornito le “prove” a carico di Nuriye e Semih.

Immagine: By Hilmi Hacaloğlu (VOA) – Yüz Binlerce Kişi ‘Adalet’ İçin Maltepe’ye Akın Etti, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61216766