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Cristianesimo in Nord Corea, chiese che soffrono

Mentre il mondo guarda con preoccupazione all’escalation di tensioni provocate dal dittatore nord coreano Kim Jong-un, e il Consiglio ecumenico delle chiese in un comunicato ha invitato tutte le parti in causa a «percorrere la via del dialogo e a sviluppare nuove iniziative per gestire la crisi e per ridurre la tensione», proviamo a capire come vivono, o sopravvivono, le religioni cristiane nella nazione asiatica.

Mentre formalmente la Costituzione del paese garantisce la libertà religiosa, al contempo afferma che «nessuno dovrebbe servirsene per introdurre forze straniere o disturbare l’ordine sociale e statale». Definizione volutamente vaga sotto il cui cappello si possono far rientrare un mucchio di situazioni.

Alcuni mesi fa un missionario intervistato a Seul ha raccontato come oramai la presenza cristiana nel paese sia insignificante, e che veri credenti, se ancora ne esistono, non hanno certo la libertà di praticare apertamente o di frequentare le chiese o i templi. Che esistono perché costruiti negli anni che vanno dal 1992 al 2009, quando è stata introdotta un’apertura nella legge che ha consentito la costruzione di alcuni edifici.

Nella capitale Pyongyang sono stati quindi eretti due templi protestanti, una chiesa cattolica, una chiesa ortodossa. Dei due templi, uno in particolare ha una storia più radicata: la Chilgol Church è stata infatti fondata nel 1899, e la presbiteriana madre di Kim Il-sung, nonno dell’attuale Kim e considerato padre della patria e sorta di semi divinità, vi portava il figlio da piccolo. Tutta la famiglie era presbiteriana se è vero che il nonno materno di Kim Il-sung era un pastore e i genitori appunto molto coinvolti nelle vicende della locale Chiesa presbiteriana. La Chilgol Church è dedicata proprio alla memoria di Kang Pan-sok, madre del “presidente eterno”. Parliamo però dei primi anni del ‘900. La storia ha poi preso rapidamente un’altra direzione e la Corea, ancora unita, è divenuta uno dei crocevia in cui si sono misurate le forze del blocco occidentale e di quello orientale, Stati Uniti e Unione Sovietica.

Nonostante gli edifici nessun pastore, o prete o pope è presente. Sono i funzionari statali che si occupano delle questioni religiose ad aprire e chiudere i battenti per i pochi che abbiano l’ardire di entrare per raccogliersi in preghiera. E per i pochi turisti o funzionari di ambasciate che vi si affacciano.

Ciò non significa che la presenza sia nulla. Una manciata di Organizzazioni non governative cristiane lavora nel paese, sempre su chiamata e in accordo del governo centrale.

Nella triste gerarchia dei preferiti al regime, in testa vengono i preti cattolici, mentre i pastori protestanti evangelici sono spesso sospettati di lavorare per gli americani in qualità di spie. Laici protestanti sono tuttavia presenti nelle scuole, nelle università o nei laboratori medici. Alcune delegazioni vaticane hanno visitato varie volte la nazione, al pari del celebre tele-evangelista statunitense Billy Graham che vi è stato due volte, nel 1992 e nel 1994, così come il figlio Franklin che per tre volte ha varcato i confini nord coreani per visite diplomatiche e umanitarie.

Più fortuna hanno avuto le delegazioni interreligiose cattoliche-protestanti-buddiste che hanno avuto modo di incontrare anche i responsabili governativi delle varie confessioni nella capitale. Ed è proprio il buddismo che pare timidamente farsi strada nel paese: templi sono presenti, così come monaci, e pare che il seguito sia discreto, seppur assai riservato e tenuto sotto traccia. Varie testimonianze raccontano della sopravvivenza del Cendoismo, religione che appare come un sincretismo fra buddismo, sciamanesimo, confucianesimo, taoismo, il tutto in salsa nazionalista.

E’ proprio lo sciamanesimo la forma più antica di religione conosciuta in Corea, declinata con l’avvento del buddismo, ma mai del tutto scomparsa. Ufficialmente vietata con l’accusa di diffondere pratiche superstiziose, sembra in realtà aver riacquisito una discreta diffusione, soprattutto dopo le calamità naturali e la terribile carestia degli anni ’90 del secolo scorso.

Il Cristianesimo in Corea vi era giunto attorno al 1785 e fra alterne e drammatiche vicende è giunto fino al 1949, quando con l’instaurazione della dittatura dei Kim sono iniziate le persecuzioni. Sono centinaia i martiri canonizzati dagli ultimi pontefici, a testimonianza delle persecuzioni patite già nel XVIII e XIX secolo (124 beatificati dal solo papa Francesco il 16 agosto 2014). I cristiani rinchiusi nei terribili campi lavoro del regime sarebbero migliaia, ma troppo scarse sono le informazioni a riguardo. E il mondo pare accorgersi di questi drammi soltanto quando il dittatore di turno alza il tiro e il livello dell’offesa.

Immagine: By Uri Tours (uritours.com), CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36439995