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La Riforma protestante: «Un bene comune»

«Il futuro delle Riforma», questo il titolo scelto per la consueta serata pubblica del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi che ieri ha portato nel tempio di Torre Pellice (To) lo storico Alberto Melloni, il direttore dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana (Cei), don Cristiano Bettega, e i teologi Marinella Perroni e il decano della Facoltà valdese di teologia di Roma, il professor Fulvio Ferrario, coordinati dal politologo Paolo Naso.

Una serata per «guardare al di fuori di noi e poter intrecciare un dialogo sincero e reale su ciò che si muove intorno a noi», ha ricordato Naso introducendo la serata. «Un Cinquecentenario – ha proseguito Naso – vissuto anche attraverso celebrazioni e rappresentazioni “pop”. Una popolarità che è passata dal Lutero giocattolo della Playmobil, alla produzione di birre artigianali dedicate al Riformatore sino alle rappresentazioni che lo richiamano come il Che Guevara».

Un Cinquecentenario celebrato quest’anno in modo ecumenico e interreligioso. Lo ha confermato nel suo intervento don Cristiano Bettega. «Questo 2017 è stato, ed è tutt’ora, davvero speciale – ha evidenziato Bettega–. I numerosi appuntamenti promossi quest’anno e previsti in calendario affermano che per la chiesa cattolica Lutero e la Riforma non sono una “cosa” solo vostra. Anche gli ortodossi oggi sono attenti al tema. L’unità dei cristiani ha fatto passi avanti tanto da permetterci di pregare oggi gli uni per gli altri. Anche l’ecumenismo non è una questione per soli addetti ai lavori, è una questione comune».

La Cei ieri sera attraverso le parole di don Bettega ha lanciato una sfida che intende condividere con i fratelli evangelici: «come poter coinvolgere e raggiungere l’interesse dei giovani al tema ecumenico? – ha proseguito Bettega –. Solo insieme potremo vincere questa sfida», ricordando che il papa intende dedicare un prossimo Sinodo proprio ad un’attenta riflessione sulla dimensione giovanile. Bettega, infine, ha lanciato due proposte concrete: la pubblicazione di commenti sulle Scritture di biblisti cattolici e protestanti per «tornare insieme alla Scrittura, imparando gli uni dagli altri»; costituire un tavolo permanente di tutte le chiese cristiane presenti in Italia.

La teologa Marinella Perroni ha invece ricordato la concomitanza di due ricorrenze: quella dei Cinquecento anni della Riforma, ma anche quella dei cinquant’anni dall’introduzione del pastorato femminile nella chiesa valdese.

«E’ proprio l’intrecciarsi di nuove riforme nella Riforma a poter garantire un futuro al movimento che è nato 500 anni fa – ha sottolineato Perroni che poi ha proseguito –, a cinquant’anni dalle prime donne pastore è necessario interrogarsi su cosa succede quando in un ruolo appaiono le donne. Si tratta di dare la parola alle pastore metodiste e valdesi per capire come la chiesa è cambiata».

«Il cristianesimo protestante è in affanno», ha esordito il professor Fulvio Ferrario, autore di un libro che s’intitola proprio «Il futuro della Riforma». Oggi parole quali: salvezza, redenzione, regno dei cieli «non arrivano più alle orecchie delle persone, soprattutto non raggiungono i giovani». Manca dunque quel «mordente», quell’impatto che porta la fede dove la gente, soffre, sogna, spera.

In questa situazione di crisi, che coinvolge l’intero cristianesimo, il protestantesimo mantiene comunque un proprio «stile» che lo distingue dalle altre famiglie cristiane. «Un profilo – ha detto Ferrario – che nella sua precarietà e relatività, e quindi non come modello da proporre in assoluto, rappresenta un servizio offerto alle altre chiese cristiane». Un’affermazione che trova conferma nella dimensione ecumenica che le celebrazioni del Cinquecentenario hanno assunto.

Lo storico Alberto Melloni ha messo in guardia dalle celebrazioni facili e semplicistiche che portano il cristianesimo «ad un autocompiacimento inadeguato che si consola con poco o niente». Invece del Lutero ridotto a pupazzetto della Playmobil, «il Cinquecentenario della Riforma dovrebbe proporci la figura di Lutero in tutta la sua spigolosità e scomodità. La figura di un uomo che ha fatto della sua scoperta ermeneutica – scoperta che ha definito, per adesione o per contrasto, tutto il cristianesimo successivo – un motivo di libertà per il quale mettere a rischio la vita».

La serata è stata conclusa dal moderatore della Tavola valdese, Eugenio Bernardini. «Il futuro è solo nelle mani di Dio – ha detto il moderatore -. Ciò che noi possiamo fare è continuare a rispondere alla vocazione che abbiamo ricevuto. Oggi questa vocazione ci chiama ha confrontarci con due percorsi principali: quello dell’ecumenismo e quello dell’interculturalità». Come questo quinto centenario è stato pensato e vissuto ecumenicamente, così «il protestantesimo dovrà portare nel XXI secolo il percorso ecumenico compiuto nel secolo precedente ed ampliarlo». La dimensione globale della Riforma è poi «un dato di fatto». Oggi il cristianesimo è una realtà che cresce soprattutto nel sud del mondo, dove ha costituito chiese che non sono affatto lo specchio di quelle europee o occidentali. Oggi il linguaggio del cristianesimo ha un baricentro che non è più ancorato nel nord del mondo. Dal confronto con questa nuova realtà dipenderà il futuro della Riforma», ha concluso Bernardini.

Foto: Pietro Romeo