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La tragedia del Sud Sudan

 

Il Consiglio delle chiese del Sud Sudan (Sscc) ha chiesto «l’immediata cessazione delle ostilità e la sospensione delle atrocità commesse in quella che è la nazione più giovane del mondo» e ha invitato la comunità internazionale «a parlare in modo univoco» per poter giungere al più presto ad una soluzione pacifica di quello che è certamente il conflitto più atroce e senza precedenti.

«Le persone nate e cresciute rifugiate, oggi sono costrette ad esserlo nuovamente», hanno rilevato i leader delle chiese del Sud Sudan; un corpo ecumenico che comprende le chiese di tutto il Paese e di tutte le tradizioni riunitisi l’8 giugno scorso a Entebbe, in Uganda.

«I profughi ripongono una grande fiducia nelle chiese – è stato ricordato –, e credono che esse possano fare molto. Come pastori e uomini di fede, sperimentiamo la sofferenza del nostro popolo; il loro dolore è il nostro dolore che ci spinge a lavorare per la pace – hanno detto i leader in assise –. Queste persone piangono insieme a noi e con esse condividiamo il dolore e la sofferenza, sentendoci vicini a tutte le fazioni in guerra».

Il mondo deve ascoltare le loro storie commoventi: «storie di persone che lottano per la vita e per fornire cibo sufficiente a sfamare le loro famiglie; di bambini disperati perché oltre alle sofferenze subite non possono nemmeno usufruire dell’istruzione necessaria; storie di strutture sanitarie inadeguate e insufficienti».

Crimini terribili che vengono commessi ogni giorno contro donne e bambini e per questo l’Sscc ha deciso di promuovere la sua visita pastorale nel segno della solidarietà ecumenica, dedicando tre giorni con alcuni dei popoli oggi rifugiati in Uganda.

«Il conflitti etnici in corso, sia nei campi, che nelle comunità circostanti, sono in continuo aumento e, tra le cause, vi è anche la carenza di risorse per tutti», prosegue l’Sscc esprimendo altresì una gratitudine indirizzata a tutte le organizzazioni umanitarie che in questi ultimi tempi si impegnano attivamente nell’aiuto e nella distrubuzione di generi di prima necessità per contrastare la situazione di grande necessità in cui si trova il Sud Sudan, una tragedia umanitaria dilaniante: «con la comunità internazionale stiamo cercando di aumentare i nostri sforzi per affrontare tutte le situazioni di difficoltà, laddove è possibile», ricordano le chiese.

Citando le parole di Geremia (29:11) contenute nella Bibbia che contengono un messaggio di speranza per il futuro, i leader religiosi hanno espresso la loro gratitudine anche alla famiglia ecumenica riunita per l’occasione, tra cui, il consiglio cristiano comune dell’Uganda (Ujcc), il Consiglio delle province anglicane d’Africa (Capa), la Comunità delle chiese cristiane dei Grandi Laghi e del Corno d’Africa (Fecclaha), la Conferenza delle chiese dell’Africa (Aacc).

Nel Sud Sudan (diventato indipendente il 9 luglio del 2011) si stima che circa 5,5 milioni di persone siano in situazione di grave pericolo e che 7,5 milioni – quasi due terzi della popolazione – necessitino di assistenza umanitaria.

Oltre ad esortare la fine immediata di tutte le ostilità, l’Sscc ha chiesto che «le esigenze della popolazione siano prioritarie su qualsiasi interesse personale e politico».