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Ghayath e Amir: esperienze di accoglienza in famiglia

Ghayath e Amir, nomi di fantasia che raccontano due storie reali. Due ragazzi molto diversi tra loro, eppure così simili: entrambi fuggiti dalla Siria ma ciascuno con il proprio passato alle spalle. Il primo è un ex militare scappato da una guerra che non riconosceva come sua. Il nome è in realtà lo pseudonimo con cui si firma. Ghayath è infatti un giornalista freelance nonché insegnante di arabo online, e adesso che è in Italia sogna di laurearsi e diventare giornalista professionista. Amir invece è un ex ingegnere esperto di telecomunicazioni che ha rinunciato alla rotta balcanica per tentare la carta dei Corridoi Umanitari. Di accoglienza migranti e richiedenti asilo, in Italia, i mass media iniziano finalmente a parlarne. Eppure, leggendo o ascoltando notizie qua e là, sembra sempre che l’accoglienza debba essere una questione riservata solo alle istituzioni e associazioni che se ne occupano direttamente. Certamente è un modo di operare, questo, ma non è l’unico. La Diaconia valdese con i Corridoi Umanitari sta infatti sperimentando un nuovo modo di accogliere il richiedente asilo, e non riguarda solo l’arrivo del migrante in Italia ma il suo intero percorso d’integrazione. A Padova, ad esempio, la Diaconia sta scoprendo una città sensibile e attenta al momento storico attuale. È nata in maniera del tutto naturale una rete di persone e associazioni vogliose di dare il proprio contributo. Ad esempio c’è la comunità della Chiesa metodista che ha accolto con entusiasmo i richiedenti asilo, così come ci sono una serie di associazioni che collaborano in sinergia per sostenere il loro percorso. E poi ci sono i privati cittadini. Tra questi c’è chi ha deciso di offrire il proprio tempo in attività di volontariato. E poi c’è addirittura chi ha scelto di accogliere gratuitamente in casa due richiedenti asilo. Così Ghayath e Amir, a soli tre mesi dall’arrivo in Italia, sono stati accolti in casa di una famiglia di Padova: lui docente universitario, lei insegnante presso una scuola media. Non era la prima volta che ospitavano in casa propria dei migranti, ma volevano fare qualcosa di concreto in questo momento storico pieno di crisi e conflitti in atto.

Il tutto è iniziato con un mese di prova, per conoscersi reciprocamente, ma si è rivelato un incredibile successo. Per i ragazzi è un’occasione unica per imparare l’italiano e integrarsi in fretta in società, mentre per i nuovi genitori – così li chiamano scherzosamente – un modo per entrare in contatto con una cultura nuova. Lei sta imparando un po’ d’arabo, e tutti e quattro sono soliti ritrovarsi la sera attorno a un tavolo, condividendo le rispettive giornate davanti a un pasto. Mostrando che non solo esistono vari modi di accogliere, ma che ciascuno di noi è in grado di fare grandi cose nel proprio piccolo. Perché l’Europa è piena di storie come quella di Ghayath e Amir.