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Anche in Germania si discute sul fine vita

Non è certo il nostro il solo paese in cui le questioni legate al fine vita e alle cure ad essa connessa interrogano i legislatori. I continui progressi scientifici e le sensibilità sociali e giuridiche in materia sono variabili in costante mutazione, che richiedono quindi continue analisi. In questi giorni una sentenza di un giudice apre le porte al suicidio assistito in Germania, limitatamente a precisi casi estremi, suscitando le reazioni delle principali denominazioni cristiane del paese.

E’ stato il tribunale amministrativo di Lipsia ad affermare come «in taluni casi eccezionali ed estremi, lo Stato non possa impedire la possibilità per un paziente di accedere a dei farmaci anestetici capaci di accompagnarlo ad un suicidio degno e privo di dolore»

La decisione prende piede dal caso di una donna, interamente paralizzata dal 2002, che nel 2004 aveva richiesto all’Istituto nazionale di Medicina l’autorizzazione a ricevere 15 grammi di Natrium Pentobarbital, un barbiturico, mortale in quella quantità. L’Istituto, seguendo i precetti di legge, aveva vietato la somministrazione. La battaglia è proseguita per anni fino al giudizio della settimana scorsa, che pone tre condizioni per l’accesso al suicidio assistito: che la sofferenza del soggetto sia insopportabile, che la decisione di morire sia presa in coscienza libera e che non vi siano speranze mediche di un recupero fisico.

La donna nel frattempo è morta nel 2005 in Svizzera, anche lei lontana dal suo paese natale dunque, come Fabo, come tante altre persone. E’ stato il marito a voler continuare la battaglia per rendere “giustizia postuma” alle sofferenze della persona cara.

«La decisione del tribunale apre un nuovo dibattito nella società» riconosce Peter Dabrock, teologo protestante e presidente del Consiglio nazionale di Etica.

Essa giunge in effetti a oltre un anno di distanza dal voto del parlamento tedesco che nel novembre 2015 promulgava una legge volta a vietare l’assitenza commerciale al suicidio. Legge che ora potrebbe venire messa in discussione. «Non necessariamente – commenta Dabrock – ma certo si apre un territorio sconosciuto di discussione giuridica».

La sentenza dei giudici mette infatti lo Stato davanti all’obbligo di decidere se un soggetto risponda o meno ai tre requisiti stabiliti. «Impresa impossibile – secondo Eugen Brysch, presidente della Fondazione per la tutela dei pazienti – . Capire cosa sia la sofferenza rimane una questione soggettiva, non misurabile nè giuridicamente definibile».

Sul piede di guerra la componente cattolica: «non posso immaginare che lo Stato si renda complice di contribuire al suicidio di un suo cittadino» ha affermato il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca.

La Chiesa evangelica luterana in Germania (Velkd) e la Chiesa cattolica tedesca da tempo lavorano a braccetto su temi etici e antropologici, tanto da aver dato alle stampe proprio in questi giorni, come ricorda oggi l’agenzia di stampa evangelica Nev, un testo congiunto dal titolo “Dio e la dignità umana” che giunge al termine di 8 anni di lavoro del gruppo composto da rappresentanti delle due denominazioni cristiane. Già addirittura nel 1999 inoltre la Chiesa evangelica in Germania (Ekd) e la Conferenza episcopale tedesca hanno pubblicato un formulario congiunto per la compilazione del testamento biologico da parte dei credenti delle rispettive chiese.

Immagine: By Kemmi.1 – eigene Arbeit (Foto: Stefan Kemmerling), CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7925289