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La Settimana di preghiera per l’unità commemora la Riforma

Mercoledì 18 gennaio si apre la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un appuntamento annuale che è diventato ormai una tradizione, visto che da quasi mezzo secolo viene organizzato congiuntamente dal Consiglio ecumenico delle chiese e dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Come tutte le tradizioni, anche la Settimana di preghiera per l’unità rischia di diventare un appuntamento rituale, che si osserva per abitudine ma con scarso entusiasmo, e così forse è stato per molti degli anni recenti, caratterizzati da una certa stagnazione nei rapporti ecumenici tra le chiese cristiane.

Da qualche tempo a questa parte, però, il clima ecumenico è mutato, e abbiamo la convinzione e la speranza che quest’anno, anche nel nostro Paese, la preghiera per l’unità verrà osservata con rinnovato vigore e partecipazione convinta.

Il tema di quest’anno, infatti, ispirato alla seconda lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi (II Corinzi 5, 14-20) è «L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione», e la liturgia proposta è dedicata alla commemorazione comune dei cinquecento anni della Riforma protestante: un evento che, se da un lato divise la cristianità d’Occidente, dall’altro mise nuovamente in luce la centralità della grazia e della Parola di Dio. Molto opportunamente, l’elaborazione del materiale per la Settimana di quest’anno è stata affidata alle chiese tedesche attraverso la Comunità di lavoro delle chiese cristiane in Germania, l’organismo ecumenico in cui sono rappresentate tutte le tradizioni cristiane. «Dopo ampi dibattiti, talvolta difficili – si legge nell’introduzione teologico-pastorale alla Settimana – le chiese in Germania si sono trovate d’accordo sul fatto che il modo per commemorare ecumenicamente l’evento della Riforma fosse quello di farne una Celebrazione di Cristo» con due accenti: da un lato la «celebrazione dell’amore e della grazia di Dio», mettendo particolarmente in rilievo la riscoperta luterana della «giustificazione per sola grazia»; e dall’altro un accento «penitenziale», nel riconoscimento delle divisioni di cui ha sofferto la Chiesa in seguito all’evento del 1517, offrendo nel contempo l’opportunità di fare nuovi passi verso la riconciliazione, e non solo: di diventare, insieme, testimoni della riconciliazione. Perché, scrivono ancora le chiese tedesche, il mondo in cui viviamo «ha bisogno di ministri di riconciliazione, che abbattano le barriere, costruiscano ponti, facciano la pace e aprano le porte a nuovi stili di vita nel nome di colui che ci ha riconciliati con Dio, Gesù Cristo».