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Cinque secoli di libri

È evidente che il libro ha rivestito un’importanza fondamentale nella Germania del 1500 e nella storia della Riforma. In quel periodo molti eventi significativi sono accaduti: poco prima di Lutero è interessante notare come Gutemberg avesse inventato qualcosa di rivoluzionario come i caratteri mobili della stampa. Prima di arrivare a questo, altre tappe fondamentali erano avvenute, come quelle che hanno portato al passaggio dalla parola orale a quella scritta. Dal 1456, anno dell’invenzione della stampa a caratteri mobili, per più di quattro secoli l’unico vero mezzo di divulgazione della cultura e delle informazioni è stata la parola stampata. Quando pensiamo a un libro ci viene in mente una serie di fogli delle stesse dimensioni rilegati insieme e racchiusi da una copertina. Ma il libro è sempre stato così?

Ci risponde Ilaria Quartino che si occupa di catalogazione presso la Biblioteca del Centro Culturale Valdese, a Torre Pellice.

«Prima non si chiamava neanche libro. Le prime forme di parola scritta si trovano su tavolette in pietra, in legno, su papiro o su pergamena. Dalla diffusione della carta comincia ad assumere la forma libro, chiamato il codice, in cui i fogli vengono rilegati insieme e non più arrotolati come possono essere i codici scritti o i codici miniati. Nei primi decenni della stampa si mantiene la conformazione del testo scritto simile a quello manoscritto, ma con il passaggio alla stampa la forma cambia: il frontespizio si sviluppa intorno all’inizio del 1500, nei primi incunaboli, ovvero i libri stampati nel ‘400, il testo si trova subito dopo il titolo senza soluzione di continuità e i dati editoriali sono in fondo al libro. Ancora si tratta di un tipo di forma di composizione del testo che viene tramandata dalla vecchia tradizione. In effetti la stampa rappresenta una rivoluzione: dal testo manoscritto miniato (che già nel medioevo era molto particolare e pregiato) preparato per una piccola parte della popolazione, si passa alla diffusione della parola scritta e della cultura su larga scala, senza precedenti nella storia. La Riforma si inserisce in questo periodo e la stampa del libro ha per essa un’importanza fondamentale, tra l’altro il primo libro stampato da Gutenberg è la Bibbia delle 42 linee. La maggior parte dei libri dei primi secoli sono a carattere religioso, anche se il primo libro stampato in Italia, “Subiaco” è un libro classico, uno dei testi di Cicerone».

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Quali sono gli elementi importanti per la realizzazione di un libro?

«Il tipo di carta è importante: nel 1500 si sviluppa una tecnica di stampa precisa e nitida e il supporto cartaceo è ancora molto robusto. Nel secolo successivo c’è quasi un’involuzione per cui la carta è di qualità inferiore, così come il tipo di fascicolatura; sembra una perdita di professionalità in tutto il processo di stampa: è difficile per chi affronta un testo del 1600 avere a che fare con una scrittura nitida. Nel 1700 questo problema viene superato, si evolvono le tecniche di stampa e si ritorna a una qualità superiore.

Spesso la figura dell’editore, libraio e tipografo era unica: raccoglieva i fondi da chi voleva una copia di un libro che veniva stampato in fascicoli, senza rilegatura complessiva come la conosciamo ora. Il cliente sceglieva se voleva inserite le immagini, le incisioni e questo cambiava il prezzo. I libri dell’epoca ci dicono molto anche sui committenti: libri che noi consideriamo di valore perché rilegati in pergamena, allora era abbastanza comuni e accessibili a tutti, mentre certi tipi di rilegature, le incisioni e l’uso di materiali pregiati era destinato ai clienti più facoltosi. Per esempio nei libri di cuoio, più pregiati, i piatti, il supporto che racchiude e pressa insieme i fogli, erano di legno e non di cartone. Non dobbiamo dimenticarci che possedere una biblioteca di un certo livello era uno status symbol».

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«Questa è una marca tipografica. Troviamo questo tipo di immagine nel frontespizio o in fondo al libro ed è interessante perché distingue un editore dall’altro. Spesso c’è un motto e un’immagine particolare ed elaborata: ogni editore aveva un particolare simbolo con alcune varianti. Oppure si ritrova la stessa immagine da un editore all’altro perché aveva acquisito i diritti per quell’immagine. Quando si cataloga un libro antico, uno degli elementi da distinguere e ricercare è questo. A volte se mancano altri elementi dalla marca si può risalire al periodo di realizzazione».

Per secoli c’è stato il libro, ora il digitale sembra essere il miglior supporto, ma è sicuro?

«C’è un problema tecnico sul supporto digitale, ovvero che ha una durata limitata: sono supporti che devono star dietro alla continua evoluzione e spesso non sono più leggibili 20 anni dopo. È necessaria una riconversione continua che richiede un impegno di risorse umane e finanziarie. Il libro del ‘500 dura ancora adesso, anche se occupa più spazio fisicamente. La diatriba che viviamo sulla fine del supporto cartaceo è un po’ pretestuosa, perché il digitale permette una più ampia diffusione che prima non c’era, è un nuovo supporto che aggiunge qualcosa ma con finalità diverse: il libro di carta più di conservazione, quello digitale più divulgativa».