pinky_and_the_brain

Si scrive Jarre, si legge Gersoni

Di Marina Jarre ha detto bene Claudio Magris in un suo articolo sul Corriere della sera dello scorso novembre, soprattutto ha detto bene di lei quando era ancora in vita e questo è un fatto. Marina Jarre non è la scrittrice della resistenza valdese, come si scrive in questi giorni, semmai è anche questo, ma pensare di rinchiuderla in una categoria tanto nobile quanto sopita significa farle l’ennesimo torto che fa il paio con il silenzio in patria dove per patria si intende non solo l’Italia ma anche la piccola patria valdese. Marina amava ferocemente le valli valdesi, al punto di proiettarle fino in Lettonia nel tentativo, possibile agli scrittori, di unire, mescolare e moltiplicare le identità. Il padre ebreo, inghiottito dalla Shoa non è stato solo il grande rimpianto, l’impossibile ricongiungimento, il senso di colpa tragico per averlo abbandonato, lei all’età di dieci anni, e la cui foto ha galleggiato nel monitor della figlia fino alla fine. Il padre le ha consegnato la parte ebrea che ha pesato, nella costruzione di sé, almeno quanto quella valdese, senza contare la violenta ambivalenza russa e tedesca, la cui forza linguistica concorre dentro la scrittura a scrostare per affilare parole e concetti. Eppure, questa scrittrice così vicina all’oggi, per stile, argomenti e multiculturalità, sì proprio questa parola così di moda, non è conosciuta, non è frequentata. Del resto, chi ha letto Ama il prossimo tuo di Remarque alzi la mano, eppure nessun romanzo è più attuale. Di Marina Jarre la Claudiana ha pubblicato meritoriamente, alcuni anni fa, Neve in Val d’Angrogna. Cronache di un ritorno, dove un gruppo di montanari combatte con la neve fino al collo per sopravvivere ai Savoia, ai Francesi, agli Svizzeri, ai Tedeschi, ai cattolici, all’inverno, all’abiura, in un andirivieni tragicomico non così lontano dal Simplicio di Grimmelshausen. Marina Jarre, qui come altrove, si fa beffe dell’epica e appoggia l’orecchio al torace del contadino di Angrogna per ascoltare se, lì, c’è ancora una fede che batte.

Immagine: By F Ceragioli – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30609927