margherita

Un nuovo sguardo

Un pallido raggio di sole accarezzava un gruppetto di credenti evangelici che avevano deciso quel sabato pomeriggio di uscire dalle mura della propria chiesa e portare nel grande parco cittadino una piccola testimonianza di fede.  Luogo d’incontro un piccolo anfiteatro nel quale si intravedevano incastonate delle sedie di metallo. Pochi si fermavano a curiosare. Solo i bambini erano calamitati dai canti e proprio non volevano saperne di andar via al richiamo dei genitori. Forse non avevano mai visto adulti cantare insieme, chissà… Il testo scelto per quella occasione incoraggiava a cercare lo sguardo gli uni delle altre. Guardarsi negli occhi rivela sempre molto, fa emergere ferite e speranze. La parola si offriva come un’esortazione a lasciarsi guarire dall’amore.

Era bello sconfinare. Non aveva fatto così Dio, in cerca dell’umanità? La parola ascoltata si dimostrava capace di riempire i cuori mentre gli occhi di tutti riflettevano la bellezza degli alberi e del cespuglio di ortensie bianche piantate poco più in là. Tutto sembrava partecipare a quel  sabbatico di riconciliazione di tutte le cose.

Mentre il predicatore parlava, alle sue spalle, davanti agli occhi di chi ascoltava, si componeva una scena altrettanto pacifica e suggestiva. Un gruppo di migranti, per lo più senegalesi e nigeriani, stendevano una coperta sul prato. Spalmavano con cura, forse del burro, su del pane e confezionavano lentamente un pasto collettivo non soltanto per loro ma anche per altri che arrivavano alla spicciolata. Una singolare mensa fatta di semplici alimenti, che avrebbero rotto, di lì a poco, il digiuno religioso di una lunga giornata.

Il dono speciale della predicazione era stato il valorizzare il dettaglio esegetico insito nell’invito a guardarsi, presente nella storia della guarigione dell’uomo infermo alla porta del tempio di Gerusalemme (Atti 3, 1-11). Uno sguardo diverso può cambiare la percezione di una realtà cui ci si è assuefatti. E tutto diventa nuovo. E nuovo era lo sguardo verso quei giovani immigrati, africani e islamici, quegli stessi che la propaganda xenofoba spinge a vedere come nemici pericolosi, per poi costruire sulla paura le premesse di uno scontro che chiamano di civiltà, ma che preferisco chiamare di inciviltà.

In quel pomeriggio tiepido si è sentito forte il desiderio di rompere insieme un digiuno di umanità fin troppo prolungato. Così, conclusa la meditazione, qualcuno ha proposto di donare all’altro gruppo un cartello su cui c’era l’immagine di Martin Luther King accompagnata dalla frase che  esorta a imparare ad amare con naturalezza, proprio come gli uccelli imparano a volare.  Un gruppetto di ambasciatori ha attraversato il tratto di prato e ha offerto il piccolo dono. Dopo un po’ sono stati sorrisi e strette di mano tra tutti, membri di un’unica famiglia.

Chi è pronto ad alzarsi e a camminare «nel nome di Gesù» neanche immagina dove lo porterà il Suo amore…

Foto di Grafikstudion ©iStockPhoto