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Orlando, le chiese e i diritti umani

A due blocchi dalla scena del crimine, nella Chiesa battista della Croce e nella Chiesa battista Delaney, sono state organizzate delle veglie di preghiera. «Sono persone del posto, persone con le quali facciamo la spesa a Walmart, persone che incontriamo facendo benzina», dice un rappresentante della Chiesa di Delaney. Le foto delle vittime sono state poste ai piedi dell’altare delle due chiese.

Migliaia di persone nella Prima Chiesa battista di Orlando si sono incontrate per pregare. Un membro della chiesa è stato ferito durante l’attacco terroristico e molti suoi compagni sono stati uccisi.

L’ex presidente della National African American Fellowship, il pastore K. Marshall Williams, ha detto: «Prego che il Signore stringa con le sue braccia l’intera comunità di Orlando mentre piange la perdita dei suoi cari».

Questa è la forza della chiesa! Non farsi paralizzare dall’odio e trovare conforto e speranza nella fede. E mi auguro che anche in Italia, nelle nostre chiese, ci si possa raccogliere, anche per un solo momento, per ricordare le vittime di Orlando. E nel ricordare loro, ricordare tutte le vittime: le donne uccise ogni giorno dai loro mariti o compagni; i rifugiati, gli immigrati e i ricercanti asilo che muoiono lunghi confini anonimi; le vittime delle guerre e dell’ingiustizia.

In questo nostro mondo sempre più piccolo e globalizzato, accanto a una cultura dei diritti, si insinua con prepotenza la logica secondo la quale alcune vite sono più precarie di altre, meno visibili e meno dicibili i loro lutti e le loro sofferenze. Questa logica può essere contrastata soltanto con la forza di affermare che ogni persona ha soprattutto diritto ad avere diritti, non in quanto battista o islamica oppure omosessuale o eterosessuale, ma in quanto persona umana, cittadina di una terra che appartiene a tutti. Ed è sul diritto ad avere diritti che si possono costruire i riconoscimenti dei diritti di minoranze, di comunità, di gruppi religiosi e di chiunque altro. Perché soltanto allargando i confini dei diritti si restringono i confini dell’odio.

Quindi abbiamo bisogno tutti, religiosi e non, di più laicità, di società costruite su una cultura della condivisione, del pluralismo e del diritto. Abbiamo bisogno di meno proclami e più forza d’azione. Meno giudizio e più giustizia.