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Per un’accoglienza che non sia solo utilitaristica

In tre regioni (Länder) della Germania si sono svolte il 13 marzo le elezioni per i parlamenti regionali, erano coinvolti 12,7 milioni di persone, un po’ meno del 20% degli aventi diritto a livello nazionale. La politica della cancelliera Merkel nella cosiddetta crisi dei rifugiati (Flüchtlingskrise) è stata chiaramente al centro della campagna elettorale e dell’interesse mediatico e probabilmente ha anche influenzato le scelte di chi è andato a votare. I risultati però non sono di facile analisi: nel Baden-Württemberg (dove vivo) i Verdi, già al governo, hanno ottenuto un risultato storico 30,3% sorpassando finalmente la Cdu (Unione cristiano-democratica). Storico anche il risultato dell’atro partito di governo, il socialdemocratico Spd, che all’opposto è precipitato al 12, 7%.

Nel Rheinland-Pfalz (Renania-Palatinato) invece la ministro-presidente Malu Dreyer ha portato la Spd al 36,2 % mentre i Verdi sono rientrati nel Parlamento regionale con poco più del 5%. Nel Sassonia-Anhalt, uno dei Länder dell’Est, invece ha stravinto, dietro alla Cdu con il 29,8%, il nuovo temuto partito di destra AfD – Alternativa per la Germania, che ha ottenuto il 24% dei voti, mentre altrove conta tra il 12 e il 15%.

Visto questo ultimo risultato sarebbe quindi facile, soprattutto dall’esterno, dire che la Germania si sposta a destra e che la politica di apertura della cancelliera nei confronti dei richiedenti asilo non viene approvata dall’elettorato. Certo dopo i «fatti di Colonia» [le aggressioni e violenze organizzate a Capodanno contro le donne, ndr] le voci di coloro che vorrebbero chiudere le frontiere o almeno hanno seri dubbi sulla capacità della Germania di accogliere una gran quantità di nuovi arrivati si sono fatte sentire più forti e hanno ricevuto più eco nei vari mezzi di comunicazione, ma queste voci c’erano anche prima.

Fin dal 2002 un istituto universitario di Lipsia conduce una ricerca sociologica su quanto alcune tesi di estrema destra siano diffuse nella popolazione (research.uni-leipzig.de/kredo/mitte-studien.html) e nell’ultima pubblicazione del 2014 affermava: «sono state trovate in tutte le classi tendenze di estrema destra. (…) Un tedesco su 5 continua a essere xenofobo». Quello che è veramente preoccupante quindi non è la svolta degli ultimi mesi ma il fatto che già da lungo tempo molte persone in tutti le parti della Germania (non solo all’Est!) la pensino così. Non è quindi una sorpresa che ora queste posizioni si raggruppino in un movimento come Pegida [il movimento anti-islamista sorto due anni fa a Dresda, ndr] o diano vita a un partito come la AfD: anzi paradossalmente molti convinti democratici sono contenti di avere a che fare con un’entità chiara che dovrà attenersi alle regole del gioco politico nel quale, si spera, perderà molto del fascino di un movimento populista.

Ma i risultati di queste elezioni si possono e devono leggere anche in un altro senso: la maggioranza ha votato per la continuità e ha dato la sua fiducia a due politici, Windfried Kretschmann dei Verdi e Malu Dreyer della Spd, che nei mesi scorsi avevano a più riprese appoggiato il corso di Angela Merkel nelle politiche migratorie. Come aveva scritto Ulrich Eckert (Riforma n. 35 del 18.09.2015) una notevole quantità di persone, membri di chiesa e non, infatti non interpreta l’afflusso migratorio come un percolo incombente ma più pragmaticamente si rimbocca le maniche e si dà da fare.

Non mi faccio illusioni: queste persone che aiutano e che votano per la continuità non sono necessariamente più «buone»: non hanno grossi problemi economici, e con lo stipendio sicuro è più facile (anche se non è automatico) essere generosi. Dal mio «non oggettivo» punto di osservazione, all’interno della abbastanza conservatrice chiesa protestante di una regione agiata, il risultato di queste elezioni non è affatto preoccupante: che esistano persone chiaramente «di destra» lo sapevamo anche prima, ma non sono la maggioranza. Quest’ultima vuole continuare a vivere «abbastanza bene» e sa che per mantenere l’attuale livello delle pensioni una certa immigrazione è necessaria; la maggioranza sa anche apprezzare una certa diversità, per esempio nelle offerte dei ristoranti etnici e partecipa in massa ai vari festival interculturali.

La maggioranza sta imparando a vivere in una società multietnica, persino le monolitiche chiese protestanti si mettono sempre più sul cammino dell’«Essere chiesa insieme» (e citano come esempio le chiese italiane, il che ovviamente fa piacere!). La maggioranza si fida della politica accorta e cauta della cancelliera e ha ragione a farlo perché, come dimostrarono gli accordi europei della settimana scorsa, il suo governo non è per un’apertura umanitaria della Germania tout court, ma per una politica migratoria utilitaristica.

Non c’è quindi da aver paura, ma bisogna continuare sulla strada dell’apertura e della conoscenza reciproca affinché ci siano sempre meno xenofobi, non solo in Germania ma in tutta Europa. Per poter parlare di una politica che dia opportunità a tutte e tutti, e non solo a quelli che fanno comodo in quanto forza lavoro: forse una meta utopica, ma che le chiese non devono dimenticare.

Foto: 3 Ottobre 2015, Francoforte: persone manifestano per la politica dei rifugiati in occasione della celebrazione del 25° Giorno dell’unità della Germania, di Meinzahn, ©iStockPhoto