bundesarchiv_bild_101i-312-0983-03_rom_festnahme_von_zivilisten

L’armadio delle vergogne nazionali

«Desidero esprimere alla presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini la gratitudine e l’apprezzamento di tutti gli ebrei italiani. Con l’apertura integrale al pubblico del cosiddetto “armadio della vergogna” viene infatti colmata una grave lacuna e si annuncia l’avvio di una nuova stagione di consapevolezza sui crimini e sulle responsabilità del fascismo e del nazismo in Italia. Una svolta storica, frutto di un’azione di grande incisività e sensibilità istituzionale». Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna non nasconde l’entusiasmo di fronte ad un atto di giustizia che aiuterà finalmente a leggere con maggior chiarezza i terribili avvenimenti che nel periodo 1943-1945 hanno gettato nell’onta della barbarie più bieca gli uomini che si scontravano nelle fasi finali del secondo conflitto mondiale. Il ringraziamento dovrebbe giungere da tutti i cittadini italiani, non solo da quelli di religione ebraica.

Sono finalmente on line sul sito dell’archivo della Camera dei deputati http://archivio.camera.it disponibili per la consultazione da parte di chiunque, i materiali rinvenuti casualmente ormai venti anni fa inerenti pressochè tutte le stragi naziste e fasciste perpetrate in Italia.

Palazzo Cesi Gaddi, Roma, sede della Procura generale militare. Nel 1994 il procuratore militare Antonino Intelisano, alla ricerca di documenti relativi alla storia militare di Erich Priebke, in quel momento a processo, si imbatte in una stanza con all’interno un armadio con le ante bloccate perché rivolte contro il muro. Il mobile contiene 695 fascicoli relativi soprattutto agli eccidi commessi in Italia dai nazifascisti, da Sant’Anna di Stazzema a Marzabotto, dalle Fosse Ardeatine alla strage del Duomo di San Miniato. E via scorrendo, di atrocità in atrocità, con nomi di vittime, carnefici, ordini, disposizioni, testimonianze raccolte dalle forze italiane e da quelle straniere. Fra i documenti anche uno classificato top secret, compilato dai servizi segreti britannici e dal titolo “Atrocities in Italy”, consegnato ai giudici italiani alla fine della guerra.

Questo materiale, oltre tredicimila pagine, avrebbe potuto sfociare in una “Norimberga italiana”, in un grande processo in cui incriminare i carnefici di quella stagione nefasta.

Ma dopo le prime istruttorie e i processi con relative condanne di Kesselring, Kappler e di vari collaborazionisi italiani, il meccanismo si blocca. Nel 1960 il procuratore militare Enrico Santacroce dispone l’archiviazione provvisoria dei fascicoli. Una decisione incomprensibile se non prestando attenzione al muro di silenzio che attorno alla vicenda venne innalzato per anni. Evidentemente si trattava di atti di accusa troppo scomodi, letti come potenzialmente eversivi del delicato equilibrio mondiale che si stava costruendo faticosamente negli anni della guerra fredda, e qualcuno, forse residente al di là dell’Atlantico, chiese di accantonare quel vaso di Pandora che se scoperchiato avrebbe potuto ridisegnare le vicende di molti personaggi, all’epoca magari ancora sulla breccia, eterni camaleonti de lla politica e della ragion di Stato. Poi per oltre 30 anni, il silenzio.

Il merito di aver reso nota la vicenda va ad un giornalista dell’Espresso, Franco Giustolisi, che ne parla nel 1996. I faldoni all’epoca vennero quindi inviati alle varie procure, e vari processi sono stati celebrati in questi anni, con relative condanne, fra cui almeno 50 ergastoli senza però che le sentenze siano ad oggi mai state eseguite. Niente da fare, il ritorvamento dell’armadio è stato un evidente fastidio cui si cerca di rispondere con l’oblio, con un “scordiamoci il passato” che mai consente al nostro paese di fare realmente i conti con se stesso.

Ora, dopo una commissione di inchiesta datata 2003 e una pressione costante da parte dei figli e dei nipoti delle vittime, è arrivato l’annuncio da parte della presidente della Camera Laura Boldrini della digitalizzazione di tutti i documenti contenuti nell’armadio, patrimonio che storici e appassionati potranno consultare per continuare nell’opera di chiarificazione necessaria, giusto dovere nei confronti delle almeno 15 mila vittime di quella che fu la guerra civile italiana nel biennio conclusivo della guerra.

Foto Di Bundesarchiv, Bild 101I-312-0983-03 / Koch / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5477135