Sfogliando i giornali del 12 febbraio

01 – Nel mondo e in Italia peggiora la libertà di stampa

Secondo l’ultimo rapporto sulla libertà di stampa pubblicato oggi da Reporters sans frontières, «la libertà di stampa nel mondo ha subito una regressione brutale nel 2014», conseguenza dell’azione del gruppo Stato islamico e del gruppo terrorista nigeriano Boko haram. In testa alla classifica si incontrano cinque pasi europei: Finlandia, Norvegia, Danimarca, Olanda e Svezia, mentre al fondo la Siria si trova al 177esimo posto, subito dopo la Cina e prima di Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea. In due terzi dei 180 paesi presi in esame gli indicatori sulla libertà di stampa mostrano un peggioramento, e il discorso vale anche per l’Italia, scesa alla 73esima posizione perdendo 24 posizioni rispetto al 2014, quando veniva segnalata al 49esimo. Secondo Rsf, il calo della libertà registrato è dovuto agli attacchi contro i beni dei giornalisti, che hanno ricevuto 43 aggressioni fisiche e 7 casi di attacchi incendiari nei primi dieci mesi del 2014. Sono aumentati anche i casi di accuse ingiustificate di diffamazione, saliti dagli 84 del 2013 ai 129 dei primi dieci mesi del 2014. La maggior parte di queste cause sono state intentate da personaggi pubblici che sono stati eletti nel paese, «e questo – si legge nel rapporto – costituisce una forma di censura».

02 – Ucraina, concluso il nuovo vertice di Minsk

Si è concluso questa mattina, dopo tredici ore di discussioni, il vertice di Minsk con cui si doveva rilanciare il processo di pace in Ucraina. Al termine dei colloqui il presidente ucraino, Petro Porošenko, aveva dichiarato che «non ci sono buone notizie» e che «per il momento non c’è alcuna novità». Sempre secondo Porošenko, la Russia «ha posto delle condizioni inaccettabili». Il presidente russo Vladimir Putin, invece, ha annunciato alle 10 di questa mattina che è stato trovato un accordo per un cessate il fuoco nell’est dell’Ucraina a partire dal 15 febbraio, data a partire dalla quale verrà ritirata l’artiglieria pesante presente nella regione del Donbass. «Abbiamo trovato un accordo sui punti principali», ha dichiarato il presidente russo. Secondo il presidente francese François Hollande «si tratta di un accordo serio», ma «restano ancora delle questioni sospese».

03Yemen, manifestazioni dopo la chiusura delle ambasciate occidentali

Dopo la chiusura delle ambasciate di Stati Uniti, Regno Unito e Francia, in Yemen sono state organizzate nuove manifestazioni per protestare contro il colpo di stato dei ribelli sciiti che fanno capo ad Al Houthi. I primi a ritirare i propri diplomatici erano stati gli Stati Uniti martedì 10 febbraio, seguiti ieri da Regno Unito e Francia. L’intenzione è quella di evitare una situazione come quella libica del 2012, quando in un attentato venne ucciso l’ambasciatore statunitense Chris Stevens. Il governo statunitense potrebbe chiedere alla Turchia o all’Algeria di curare i suoi interessi nel paese. Italia e Germania hanno per ora mantenuto aperte le proprie sedi diplomatiche, ma hanno invitato tutti i cittadini residenti in Yemen ad abbandonare il paese.

04 – Sudan, Human rights watch accusa l’esercito di stupri di massa

L’ong internazionale Human rights watch ha pubblicato un rapporto in cui accusa i soldati sudanesi di aver stuprato oltre 200 donne nella regione del Darfur tra il 30 ottobre e il 1 novembre del 2014. L’organizzazione ha raccolto testimonianze da 15 vittime e da 24 testimoni, che hanno confermato lo stupro di massa avvenuto nella città di Tabit. Secondo le Nazioni Unite lo stupro è un’arma di guerra comune nel Darfur, e secondo Aisha Elbasri, ex portavoce della missione dell’Onu nel paese, i funzionari delle Nazioni Unite hanno sistematicamente omesso di riportare gli attacchi contro i civili da parte dell’esercito sudanese e gli episodi di stupro. L’esercito e il governo del Sudan hanno invece negato le accuse e affermato che «si tratta di un tentativo di mettere pressione sul governo per il mantenimento della missione di peacekeeping dell’Unione africana e dell’Onu nel Darfur».

05 – Myanmar, revocato il diritto di voto ai Rohingya

Il governo del Myanmar ha annunciato ieri che i documenti delle persone senza piena cittadinanza verranno annullati entro fine marzo. Si tratta di una mossa per impedire che i membri della minoranza musulmana Rohingya possano usufruire del diritto di voto che era stato appena accordato loro ed era stato contestato da alcune manifestazioni nazionaliste. I Rohingya, assieme a centinaia di migliaia di persone che vivono nelle aree di confine e che hanno documenti provvisori in attesa di una piena cittadinanza, vedranno le loro carte d’identità scadere alla fine di marzo. La decisione di concedere il diritto di voto ai Rohingya era arrivata due settimane fa, ma l’aperta ostilità nei confronti della minoranza musulmana da parte della maggioranza buddhista, in particolare nello stato del Rakhine, ha portato il governo a compiere un passo indietro.

Foto “2014-06-12. War in Donbass 41” by ВО «Свобода»https://picasaweb.google.com/102652274152528116947/12062014. Licensed under CC BY 3.0 via Wikimedia Commons.