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Chiesa ‘papale’ o chiesa ‘sinodale’?

Ho letto su Riforma (n. 45, p. 1) l’articolo del direttore Luca M. Negro relativo alla contraddizione fra il contenuto della risposta data dal Sinodo sulla famiglia sulla condivisione della Cena, e le posizioni espresse da papa Francesco anche durante l’incontro con i luterani, articolo che si conclude dicendo che lui è ben più «avanti» dei vescovi. Il problema in effetti è proprio qui: Francesco avrebbe, come papa cattolico, la possibilità (eccome!) di dare «permessi», e anche di porre divieti, ma dovrebbe farlo proprio secondo quella logica che la sua azione, dal primo giorno della sua elezione, sta cercando di contrastare, spostando l’asse del potere decisionale da quello «papale» a quello «sinodale». Ma i vescovi sono ben più indietro di lui.

Sembrerebbe una via senza uscita, e invece no. Perché il suo atteggiamento, rispettoso della volontà sinodale, sta in realtà modificando in modo «strutturale» il criterio decisionale interno alla chiesa cattolica, e si sa che un cambiamento strutturale è ben più importante, e duraturo, e foriero di altri cambiamenti, dell’imposizione di un proprio punto di vista per quanto intrinsecamente giusto, e anche «urgente», possa essere quel punto di vista.

Per ora, sulla carta, nulla è cambiato, ma quanta differenza dal metodo decisionale di un Paolo VI, che avocando a sé l’ultima parola sulla contraccezione ne mantenne il divieto, disconfermando il parere unanimemente espresso da tutti gli esperti da lui stesso nominati – e questo in pieno clima conciliare, quando particolarmente aperta appariva la Chiesa cattolica – dal metodo di papa Francesco che, pur di affermare il primato sinodale su quello papale, tiene a freno anche le proprie migliori ispirazioni. E siamo poi tanto sicuri che anche in casa evangelica non vi siano «vertici» anni luce più avanti delle loro «basi», o dei livelli intermedi, laici e religiosi, tanto affezionati alla mediocrità delle proprie «identità di ruolo»? Del resto, un vero pastore non corre davanti da solo lasciandosi alle spalle il gregge, ma lo stimola e attende, continuando a indicargli la via. A me pare che sia questo che cerca di fare Francesco, insieme a tanti altri che, anche da noi, sanno bene che la luna che sta su nel cielo è assai più importante della posizione di questo o quel dito con cui la indichiamo.

È per questo che ritengo quanto mai importante suscitare, per quanto possibile, anche nel mondo cattolico tutte quelle iniziative che possano far sentire a Francesco che tanta parte della sua base c’è, facendo comprendere anche ai ruoli intermedi cattolici, laici e religiosi, che anche ai livelli locali si sono allineati finora a una linea conservatrice, che buona parte del loro gregge si muove, e che è ormai tempo di cambiare il passo. Credo che non sia solo un nostro diritto, ma anche nostro dovere, come evangelici, fare tutto il possibile anche promuovendo iniziative, e sostenendo e lavorando con quella parte del mondo cattolico che vuole camminare e che sa mettersi in gioco, senza ricorrere al chiasso e alla provocazione che finirebbero solo con l’interferire, attivando polemiche, con il cambiamento in corso. E se ci dovesse accadere di essere invitati a guardare e a lavorare «dentro casa propria» (a me è già accaduto), c’è soltanto da dire che è appunto quello che si sta facendo, perché la propria casa non è solo questa o quella chiesa, ma la chiesa cristiana universale per la quale tutti preghiamo nella nostra confessione di fede.

Foto Pietro Romeo