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L’emergenza ambientale come questione

Il bel libro della pastora Letizia Tomassone Crisi ambientale ed etica. Un nuovo clima di giustizia porta nel titolo la cifra della diversità di prospettiva che il tema assume: non l’ennesima riflessione sui guasti dell’ambiente e sulle possibili, o impossibili, soluzioni, ma uno sguardo nuovo, che chiama a una comprensione della dimensione profondamente spirituale del nostro rapporto con la Terra. È una nuova prospettiva che guida a considerare il problema dell’ambiente dal punto di vista teologico e spirituale.

È un rovesciamento abbastanza spiazzante: l’essere umano non è il vertice della creazione a cui è sottomesso tutto il resto, a cui spetta la custodia del creato, ma è innanzitutto in connessione costante con il creato, e solo questo sentirsi in connessione restituirà il senso della responsabilità e restituirà altresì alla custodia il suo significato di mediazione tra i diversi bisogni che, nel creato, entrano in rotta di collisione. È un pensare all’ambiente come al luogo dove può, e deve, essere ricomposta la giustizia, nella consapevolezza che «la benedizione e la grazia di Dio passano attraverso lo stretto sentiero dell’obbedienza che ci reinserisce nell’equilibrio con la Terra».

Il libro costruisce il suo percorso attraverso due parti. Nella prima viene proposta la lettura della crisi ambientale come crisi spirituale ed etica, di un’etica della giustizia biblicamente intesa, come richiamo potente a vivere la fede come responsabilità individuale nel ristabilire «un nuovo clima di giustizia». La ricerca della giustizia ambientale viene proposta come ricerca eminentemente spirituale. Per superare questa crisi ambientale, che si configura dunque come crisi etica, spirituale e teologica, non resta che un atteggiamento di conversione, che conduca a un ripensare teologicamente il creato e le sue componenti, che ristabilisca tra queste l’equilibrio, l’armonia e la giustizia.

L’autrice ci accompagna in questo percorso di comprensione attraverso la presentazione di diversi modelli teologici di lettura del rapporto uomo-ambiente, così come esso si è andato costruendo attraverso le diverse epoche storiche: Brueggemann, Moltmann, Schweitzer, Jonas, per non citarne che alcuni, hanno analizzato la progressiva perdita di quell’etica della responsabilità che ha spinto l’umanità a ricercare spasmodicamente la felicità tecnologica a danno della vivibilità ambientale delle comunità umane, specie di quelle più svantaggiate. È in questa prospettiva che si fa strada l’idea di una nuova teologia della Terra come percorso di conversione.

La seconda parte del libro propone alcuni modelli teologici maturati nell’ambito dell’ecofemminismo che vanno nella direzione di interpretare la teologia ambientale come nuova teologia della liberazione per il mondo occidentale. Nell’assunzione di un modello femminile di lettura della creazione e del creato si affaccia, dalla pagine del libro, la possibilità di reinterpretare il rapporto con la Terra. Tre i modelli di ecofemminismo che vengono proposti (non manca una carrellata generale delle proposte attuali): quello della teologa anglosassone Mary Grey, che propone un’interpretazione dell’attuale crisi economico-sociale come crisi spirituale; quello della teologa brasiliana Ivone Gebara, che auspica un nuovo modo di radicarsi in questo mondo e ciò significa sentire «il rispetto per ogni essere umano come un obbligo, la lotta per la giustizia come una luce per tutti noi»; e infine quello della teologa americana Sallie McFague, che propone una suggestiva interpretazione dell’universo come «corpo di Dio».

Le pagine conclusive del libro riportano lo stato attuale della riflessione sulla salvaguardia del creato nei documenti del Consiglio ecumenico delle chiese e nelle Chiese italiane.

* Letizia Tomassone, Crisi ambientale ed etica. Un nuovo clima di giustizia, Torino, Claudiana, 2015, pp. 132, euro 12,90.