schermata_2015-11-25_alle_13

Migrazioni. Gad Lerner: Perché non usiamo i traghetti?

«MIGRAZIONI, CHE FARE?»: Questo il fil rouge della nuova edizione di «Fischia il Vento» a cura di Gad Lerner che da stasera, e per sei mercoledì consecutivi, andrà in onda su laeffe. Il nuovo programma televisivo – che intreccia con piglio pragmatico reportage e film d’autore – è stato presentato ieri presso la Facoltà di scienze politiche dell’Università degli studi di Milano dallo stesso Lerner e dal sociologo Maurizio Ambrosini, con la partecipazione di Loris De Filippi, presidente di Medici senza Frontiere, Lauren Jolles, rappresentante regionale del Sud Europa dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), e Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), e responsabile per i rapporti internazionali del progetto Fcei Mediterranean Hope (MH), progetto che tra le altre attività è in procinto di aprire in collaborazione con Sant’Egidio dei corridoi umanitari dal Marocco e dal Libano. Nel 2015, almeno 615.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo per cercare rifugio in Europa, rischiando la vita su imbarcazioni di fortuna. Siamo di fronte ad un’«emergenza che non si ferma e che chiede risposte, anche scomode», dice Lerner. Cercando, appunto, di dare risposte concrete alla domanda «Migrazioni. Che fare?», Lerner – nella trasmissione del prossimo 2 dicembre – darà spazio al progetto dei corridoi umanitari di MH, finanziato con l’otto per mille dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi. Lo abbiamo intervistato.

Gad Lerner, tra le tante cose che andrà a raccontare nel suo programma «Fischia il Vento» incentrato sul tema delle migrazioni, una finestra sarà dedicata al progetto dei corridoi umanitari di Mediterranean Hope. Da cosa nasce il suo interesse per questa che è una prima sperimentazione?

«Il tema del perché non usiamo i traghetti o i voli charter mi ossessiona da qualche anno. Perché uno deve pagare 1000 euro per fare un viaggio dal Nordafrica all’Italia che in volo costa forse 100 euro, e con un traghetto ancora di meno? Ancora più platealmente: quanti europei sanno che per andare da Bodrum in Turchia all’isola greca di Kos ci sono soltanto 2 miglia e mezzo di distanza coperte in mezz’ora da un traghetto con un tariffa di 20 euro per gli adulti, 10 euro per i bambini? Quelli che hanno pianto davanti alla fotografia di Aylan, che per andare a morire con il gommone ha pagato più di mille euro, si sono fatti la domanda: ma perché non possono prendere il traghetto? Lo vado scrivendo da tempo: una soluzione è quella dei passaggi sicuri e legali verso l’Europa».

Come è venuto a sapere di questo progetto?

«Ho letto della notizia sul Redattore sociale, e subito ho trovato che fosse un modo fantastico di utilizzare l’8 per mille. Mi sono dunque affrettato a raccogliere maggiori informazioni. Avevo praticamente chiuso la trasmissione che si intitola «Salviamoli con il traghetto» e che andrà in onda il 2 dicembre. Avevo già intervistato Medici senza frontiere che ha lanciato una campagna pubblicitaria con un giubbotto salvagente che dice «Garantiamo viaggi sicuri», quando ho saputo del progetto della Fcei e di corsa sono andato a cercare Paolo Naso con il quale abbiamo integrato la trasmissione e che ieri ha partecipato al lancio della nuova edizione di «Fischia il Vento» presso la Statale di Milano. C’è una carenza impressionante di informazione sulle cose che si possono fare e che di fatto si stanno facendo, e questa è la più clamorosa: con l’istituzione di corridoi umanitari, che grazie al rilascio di visti provvisori nelle località di partenza – senza quindi dover passare dal supplizio del viaggio della morte, e senza finanziare il monopolio miliardario che abbiamo lasciato agli scafisti – si sta di fatto creando un precedente! Eppure, da tempo i corridoi umanitari sono sostenuti dalle Nazioni Unite come una priorità».

Crede che si possa trattare qui di un modello per altri paesi dell’area Schengen?

«Credo che sia una buona pratica che, pur nella sua limitatezza numerica, indica una strada. Certo, non potrebbe essere diversamente, visto che grava solo sulla buona volontà di organizzazioni non governative che ci mettono anche i soldi per il viaggio. Se il governo italiano davvero confermerà quanto ha preannunciato, che cioè rilascerà questi visti a soggetti particolarmente vulnerabili, dopo sarà meno facile usare l’argomento che non si può andare nei campi profughi, a censirli, identificarli, e selezionarli in base alla loro condizione umanitaria. Anche se saranno pochi, è una buona pratica che dovrà essere amplificata».

Confini – diritto – identità: questi sono i tre concetti a cui saranno dedicate le puntate di «Fischia il Vento»: quanto incide la sua biografia personale sull’approccio a queste tematiche? Lei che dal Libano a tre anni è giunto in Italia e per 27 anni è stato apolide, prima di ottenere la cittadinanza?

«Ogni mattina mi sveglio pensando alla fortuna sfacciata che ho avuto nella vita. Io sono figlio di diverse migrazioni. Alla storia della mia famiglia che senza passaporto ha lasciato il Libano, si deve aggiungere la precedente migrazione provvidenziale dei miei nonni, che lasciarono quella che oggi è l’Ucraina, la Galizia ebraica, poco prima che tutto il resto della famiglia venisse sterminato. Posso dire che la migrazione può essere davvero provvidenziale nella sorte di una persona, una famiglia o di un popolo. Andarsene in certi momenti è salvifico. Nel mio caso mi ha riservato una fortuna straordinaria e immeritata. Non posso non pensarci continuamente. E non posso non immedesimarmi in chi oggi questo viaggio lo deve compiere in condizioni ben più drammatiche di quelle in cui l’ho fatto io».

FISCHIA IL VENTO di Gad Lerner, prodotto da PMG per laeffe, la TV di Feltrinelli, e la Repubblica, è in onda ogni mercoledì da oggi, 25 novembre, alle 21 su laeffe (can. 50 DTT e Tivùsat, 139 di Sky) e su Repubblica.it. Il programma ha ricevuto il Patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).