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Essere minoranza oggi e domani

Minoranze religiose e diritti, due differenti ambiti che sono però legati da implicazioni importanti, soprattutto perché la libertà o la negazione di poter vivere la propria confessione passa dalle varie leggi e codici, ma anche da consuetudini e storie, che nel corso del tempo si sono stratificati intorno alla condizione umana.

Questo il nucleo del convegno che si è svolto ieri, 12 novembre, a Genova, nella storica e centrale sede di Palazzo Ducale, dal titolo Le minoranze religiose tra passato e futuro. E proprio ciò che lega il passato, il presente e il futuro delle diverse confessioni sono le modalità con le quali possono esprimersi all’interno del contesto sociale, anche da un punto di vista legislativo e politico.

Nel corso del convegno questo aspetto è stato sottolineato più volte ed è stato evidenziato come la situazione ha sempre espresso una grande fluidità, e come per questo deve essere considerata una materia in divenire e da studiare attentamente, anche alla luce dei grandi flussi migratori che portano con sé inevitabilmente anche esigenze di fede.

Punto fondamentale è definire il concetto stesso di minoranza secondo il contesto attuale. Ogni epoca storica ha avuto il proprio modo di identificare il termine, ma il punto fondamentale è che la minoranza venga considerata come un’opportunità di integrazione e comprensione, non un’idea di protezione e isolamento. Inoltre è importante superare il termine “minoranza” con un più ampio e onesto significato quale “gruppo culturale” “gruppo religioso” o “componente” della società, che esprima meglio la propria coscienza spirituale. In questo contesto, pur essendo stata già scritta con lungimiranza, la Costituzione del nostro Paese soffre di alcuni limiti che andrebbero superati.

Osservando un panorama più ampio, uscendo dai confini nazionali, le evidenze storiche del nostro tempo ci spingono a garantire i diritti a tutte le persone che si spostano di territorio in territorio, per le ragioni più diverse. La libertà religiosa non può essere oggetto di discriminazioni e anche parlando di diritto di asilo questo tema ritorna.

Oltre alla legge e alla politica, la possibilità di esprimere il proprio credo è data anche – e soprattutto – dal contesto sociale, dall’apertura e dalla accoglienza che i singoli ed i gruppi sono in grado di mettere in atto nei confronti di altri. È emblematico che questo convegno sia stato organizzato da soggetti considerati minoritari che hanno alle spalle una grande storia; questo aspetto permette di comprendere con maggiore sensibilità le esigenze delle società attuale e di interpretare quelle che si verranno a creare. In questo senso, le chiese metodiste e valdesi sono sensibili all’argomento e possono offrire dei modelli interessanti.

C’è ancora molto lavoro da fare, e ci sono due limiti fondamentali da superare. Da una parte è necessario, prima di introdurne di nuove, studiare ed applicare bene le norme nazionali ed internazionali che già esistono, e poi, anche da parte degli stessi gruppi religiosi, mettere da parte interessi particolari e pensare di più al bene comune ed alla protezione reciproca.

Per la Chiesa valdese di Genova è stato un momento importante che ha messo a frutto il network sviluppato tra soggetti diversi nel corso del tempo, e che nella giornata si è concretizzato in un incontro ricco ed articolato, caratterizzato da una grande partecipazione, pur rimanendo nell’ombra dell’indifferenza dell’informazione locale.

Foto Rbe