lampedusa

Quando l’impegno a favore dei migranti si fa «cross-alpino»

«A Lampedusa ci siamo resi conto che accanto all’emergenza profughi, così come veicolata dai media, con quelle immagini drammatiche che tutti conosciamo, in realtà esiste la vita quotidiana delle donne, degli uomini, delle famiglie che vivono su quest’isola tutto l’anno. E ci ha molto colpito vedere come questa popolazione ha saputo combinare la questione migratoria con la necessità di continuare a vivere e lavorare, nonostante tutto, nonostante le difficoltà soprattutto nel settore turistico»: sono le prime impressioni di Andreas Kressler, direttore dell’organizzazione umanitaria «Aiuto delle Chiese evangeliche svizzere» (ACES) – conosciuta anche come HEKS-EPER nella traduzione tedesca e francese – arrivato ieri sull’isola insieme ad una delegazione di 11 persone che si occupano in Svizzera e all’estero di progetti con e per i migranti.

Hanno rischiato di non partire ieri, era annunciata una tempesta sullo scoglio più meridionale della «Fortezza Europa», ma oggi a Lampedusa c’è il sole, dice Kressler, godendosi evidentemente il bel caldo, anche se c’è un vento forte, al punto da sentire il fischio nel telefono. In questi giorni sul fronte migranti – non su quello meteorologico, ma in mezzo al mare le due cose forse sono legate – vige la tranquillità più assoluta. «Non siamo entrati nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa, anche perché è stato svuotato, c’erano solo tre persone», racconta Kressler, mettendo in luce la «dinamica a fisarmonica» tipica dei flussi migratori.

Accolti dagli operatori del progetto «Mediterranean Hope» (MH) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ieri hanno incontrato il sindaco Giusy Nicolini e questa mattina hanno visitato, insieme al parroco dell’isola, don Mimmo Zambito, il santuario della Madonna di Porto Salvo. Poi hanno incontrato gli animatori di «PortoM», un museo autogestito della migrazione. A chiudere la visita, un momento – toccante – anche al cimitero che raccoglie le vittime delle «stragi del mare» degli ultimi anni. Visitare i luoghi, vedere il porto e i pescherecci, incontrare la gente del luogo, per Kressler «ci ha permesso anche di capire meglio le storie delle persone che sono passate di qua e che assistiamo con i nostri progetti in Svizzera».

E’ la prima volta che una delegazione dell’ACES, che in Svizzera e nel mondo gestisce più di 200 progetti, viene a Lampedusa. Da anni l’organizzazione umanitaria delle chiese evangeliche svizzere lavora in partenariato con le chiese evangeliche in Italia, soprattutto valdesi, spiega Kressler, “ma un viaggio in questa forma, teso ad uno scambio fruttuoso su come le nostre chiese al di qua e al di là delle Alpi gestiscono la questione migratoria, non c’era mai stato». Il loro viaggio siciliano si protrarrà fino al 25 ottobre: altre tappe sono previste a Palermo, presso il Centro diaconale «La Noce» che ospita minori migranti non accompagnati, e poi a Scicli (RG) presso la «Casa delle culture» di MH, dove – accanto a un ricco programma interculturale a favore della cittadinanza – vengono ospitati migranti vulnerabili affidati alla struttura dalla Prefettura di Ragusa.

«Per ora la visita di Lampedusa ci ha permesso di riflettere su una problematica che riguarda in realtà anche noi da vicino, ma che forse tendiamo a sottovalutare: qui ci siamo resi conto che si può trovare un modus vivendi tra la vita di tutti i giorni della popolazione locale e la cosiddetta ‘questione migratoria’».

«Non è la prima volta che realtà evangeliche estere si recano in visita presso le strutture di MH – dice Paolo Naso, responsabile relazioni internazionali del progetto FCEI -. MH sta raccogliendo grande interesse: come progetto costituisce un’unicità perché intreccia vocazione evangelica, testimonianza, solidarietà umana e azione politica. La visita dei fratelli e delle sorelle della ACES è un’occasione anche per aggiornarli sugli ultimi sviluppi relativi all’apertura di corridoi umanitari dal Marocco e dal Libano che stiamo portando avanti in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio». «Non c’è dubbio – conclude il direttore dell’ACES, che gestisce progetti per i migranti in Serbia, Ungheria, ma anche Iraq e in Libano – che la natura ormai globalizzata del fenomeno migratorio deve costringere anche le chiese in Europa e nel mondo a collaborare sempre più fianco a fianco».

Foto: Murales sulla Biblioteca di Lampedusa | Matteo De Fazio/RBE