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Mai più stragi nel mare

Di fronte alle stragi del mare la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e la Comunità di Sant’Egidio hanno lanciato insieme la proposta di aprire un canale umanitario che consenta a un certo numero di profughi di ottenere un visto per ragioni umanitarie e quindi di viaggiare in condizioni di sicurezza. A questo proposito proponiamo di seguito la trascrizione dell’intervista al pastore Massimo Aquilante, presidente della Fcei, andata in onda la domenica mattina, 26 aprile, nella trasmissione “Culto Evangelico” di Radiouno Rai a cura di Luca Baratto.

Buongiorno presidente Aquilante. La Fcei insiste da tempo per l’apertura di corridoi umanitari. Ci può spiegare di cosa si tratta e il perché della vostra richiesta?

Il perché di questo intervento che abbiamo chiamato di corridoi umanitari è dato dalle scene di tragedia che tutti abbiamo negli occhi, a cui abbiamo assistito per televisione nelle ultime settimane: centinaia e centinaia di persone che muoiono in mare. La nostra coscienza si ribella a questa situazione, si ribella all’idea di un muro tra l’Europa e il Nord Africa su cui muoiono migliaia di persone. Pensiamo invece di essere di fronte a un fenomeno globale – quello dei flussi migratori – e che si debbano intraprendere delle vie del tutto diverse per dare una soluzione.

Questa dei corridoi umanitari non è solo una richiesta ma anche un progetto concreto che la Federazione e la Comunità di Sant’Egido hanno elaborato insieme. Di cosa si tratta?

E’ appunto un progetto concreto. Ora, vorrei dire che non siamo i soli a usare questa espressione dei corridoi umanitari o dei canali umanitari, ma molte altre organizzazioni della società civile la usano. E’ vero, però, che la Fcei insiste su questo esperimento ormai da molti mesi. Concretamente si tratta di questo: individuare un paese del Nord Africa – noi abbiamo individuato il Marocco, perché la situazione politica e sociale è relativamente stabile. Concordare con l’ambasciata italiana, con i consolati italiani presenti in quel Paese un’azione di questo tipo: aprire due uffici, uno nella capitale Rabat, l’altro a Tangeri, perché questa seconda città è relativamente vicina al confine tra la Spagna e il Marocco. Ricevere in questi uffici le persone che fanno richiesta di protezione umanitaria o visti per motivi umanitari o rifugiati politici; istruire le pratiche e chiedere agli uffici delle ambasciate l’ultimo atto, cioè la concessione del visto. Dopodiché si tratta di far arrivare queste persone sane e salve, senza dover diventare carne da macello per i trafficanti umani, per esempio con dei voli di linea. Una volta in Italia queste persone verrebbero inserite nel sistema di accoglienza nazionale. La Fcei ha anche un altro ufficio a Roma che si occuperebbe di sviluppare i progetti di vita di queste persone, alcune delle quali vogliono rimanere in Italia, altre, la maggioranza, sono invece indirizzate verso altri luoghi in Europa.

Avete già presentato questo progetto alle istituzioni, ad altre associazioni? Quali sono state le reazioni?

Abbiamo ricevuto forti incoraggiamenti, sia da parte del Ministero degli Esteri che del Ministero degli Interni. Abbiamo una bellissima e concretissima solidarietà da parte di tante chiese sorelle in Europa e nel Nord America. Abbiamo poi anche la disponibilità del presidente della Commissione del Senato per i diritti umani, sen. Luigi Manconi, ad avere un’audizione su questo progetto – e speriamo che lo stesso si possa fare alla Camera dei deputati. E’ chiaro che noi non risolveremo il problema delle migrazioni: i numeri sono limitati a quelli che le leggi e i regolamenti consentono. Però è anche chiaro che questo intervento che, come si usa dire, è una buona pratica, ha un carattere di segnale sia al governo italiano sia ai governi degli altri Paesi europei.

Come verrà finanziato questo progetto?

Il progetto verrà finanziato, e desidero sottolinearlo fortemente, interamente con l’Otto per Mille delle chiese valdesi e metodiste e con un contributo della Comunità di Sant’Egidio che è partner ecumenico in quest’avventura.

L’Europa si appresta a triplicare il progetto di controllo dei confini Triton e c’è anche l’ipotesi dell’affondamento di barconi degli scafisti nei porti di partenza. Lei cosa ne pensa?

La questione delle migrazioni non si risolve né stando dentro la logica dell’emergenza, né con uno spirito di polizia internazionale. Si risolve invece con una comprensione di ampio respiro del fenomeno e con politiche vere di integrazione.

Foto di Noborder Network via Flickr | Licenza CC BY 2.0