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Stati Uniti, Saa: «Ho ancora paura di Boko Haram»

Saa, 18 anni, era allieva della scuola di Chibok, attaccata da Boko Haram il 14 aprile 2014. Rifugiata negli Stati Uniti, racconta in inglese il rapimento. Questa testimonianza è stata diffusa nella trasmissione televisiva svizzera «Faut pas croire» Domenica 29 marzo sul canale Rts un.

Come si è svolto il Suo rapimento?

«Era di notte, stavamo dormendo. Si sono sentiti grida, colpi di fuoco. Ci siamo svegliate, siamo uscite dalle nostre camere. Non sapevamo che cosa fare, abbiamo pensato che i nostri professori o gli uomini della sicurezza sarebbero venuti per dirci ciò che stava succedendo. Gli uomini di Boko Haram sono andati nelle case degli insegnanti ma quelli erano andati via. Quando hanno cominciato a porci delle domande, sapevamo che dovevamo dire la verità, se no ci avrebbero uccise. Volevano sapere dove erano i ragazzi ma i ragazzi non dormivano nella scuola. E anche dove si trovava il cibo per caricarlo nei loro camion. Ci hanno chiesto perché studiavamo, perché non eravamo sposate. Poi ci hanno detto di seguirli, senza gridare, se no saremmo state uccise. Avevamo paura, siamo salite nei camion. Ci siamo ritrovate in piena foresta. Là, due ragazze sono saltate da un camion perché c’era un po’ di distanza rispetto alle macchine che ci seguivano. Ho detto alla mia compagna che stavo per saltare, che se fossi morta i miei genitori avrebbero potuto seppellirmi ma che se fossi rimasta, non sapevo quello che Boko Haram avrebbe fatto di me. La mia amica ha detto: «se salti, ti seguo». Lei si è ferita alla gamba. Eravamo perse nella foresta. La mattina dopo, ho chiesto a un pastore di aiutarci. Era un musulmano, prima ha rifiutato. Ma dopo ci ha accompagnato sulla sua bicicletta fino a un villaggio. Un uomo ha accettato di accompagnarci a casa, in bici»

Conoscevate uno o due degli assalitori? Che cosa vi hanno detto?

«Non li avevo mai visti. Si rivolgevano a noi in lingua haoussa ma tra di loro parlavano in lingua kanouri. Non ci hanno detto nulla di quello che ci sarebbe successo»

Avevate paura di Boko Haram prima?

«Sì, avevo sentito parlare molto di Boko Haram. La città dove andavo a scuola prima era stata attaccata ed ero venuta a Chibok per terminare la scuola e siamo state rapite. Quando ero nel camion, ho pregato il Signore perché mi proteggesse. I musulmani e i cristiani sono altrettanto spaventati da Boko Haram? All’inizio, essi uccidevano soprattutto i cristiani, bruciavano le chiese, le case. Ora, uccidono anche i musulmani perché ritengono che essi debbano farte la jihad. Se i musulmani rifiutano, allora li uccidono. Uccidono tutti»

Perché se la sono presa con una scuola?

«Perché non amano i libri, l’insegnamento. Quando attaccano le scuole, di solito uccidono i ragazzi e dicono alle ragazze di tornare a casa e di sposarsi»

Quante amiche sue sono nelle mani di Boko Haram?

«Tutte le ragazze rapite sono come sorelle per me. Non ho alcuna notizia, non ho alcuna idea di dove siano. Si è parlato di schiavitù, di matrimoni forzati ma non si sa nulla»

Che cosa pensa dei militari, della polizia che non vi hanno protetto?

«Gli uomini di Boko Haram sono meglio armati della polizia e dei militari. Il governo non assicura la sicurezza delle città e gli abitanti sono arrabbiati contro questo. Sono costretti a spostarsi per fuggire a Boko Haram. Anch’io sono arrabbiata contro il mondo che conosce la situazione della Nigeria dopo il rapimento delle ragazze e non fa nulla»

Che cosa pensa di Boko Haram?

« Credono che perché uccidono dei cristiani, andranno in paradiso. Ho sentito parlare di un ex di Boko Haram che si è convertito al cristianesimo, che ha scoperto che uccidere qualcuno era un peccato, che ha capito quando sua madre è morta per quello che aveva fatto subire alle famiglie di coloro che aveva ammazzato. Ho paura di loro perché sto testimoniando di quello che ho vissuto. Per questo porto grossi occhiali da sole, per misura di sicurezza. Perché ho paura anche delle rappresaglie sulla mia famiglia rimasta in Nigerioa»

Come vede il Suo futuro?

«Voglio proseguire i miei studi negli Stati Uniti, diventare medico, Un giorno, tornerò in Nigeria per salvare delle vite. È il mio sogno. Continuerò a pregare perché le ragazze siano salvate, perché l’azione di Boko Haram sia fermata in Nigeria».

Cyrill Dépraz per Médias-pro/Protestinter – Traduzione di Jean-Jacques Peyronel

Foto “BringBackOurGirls truck” by Medina Dauda – VOA. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons.