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La bontà e la giustizia di Dio

Il Signore è buono e giusto, perciò insegnerà la via ai peccatori
(Salmo 25, 8)

Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi scrupoli
(Romani 14, 1)

Che Dio fosse buono e retto, c’era da aspettarselo, d’altronde il divino non è forse sempre stato una calamite per le aspirazioni più alte dell’umano? Il Dio di cui parla il salmista, però, non rappresenta la rettitudine di per sé né l’idea astratta di bontà; egli è, per prendere una frase in prestito dal teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, il Dio per gli e le altri/e; anzi, potremmo quasi dire che la sua bontà e giustizia abbiano un senso solo in relazione agli altri: a noi donne e uomini peccatori ai quali Dio insegna la via. In che senso? Innanzitutto perché non siamo noi a riempire parole come bontà e giustizia di senso ma Dio, e lo fa talvolta in modo sorprendente. Se, per esempio, la bontà umana potrebbe portare un uomo o una donna a morire per un uomo buono (dice l’apostolo Paolo), Dio mostra la grandezza del suo amore, l’immensità della propria bontà nel fatto che “mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5, 8). E che dire di quella strana idea di pagare la stessa somma sia agli operai che avevano lavorato tutto il giorno sia a quelli dell’ultima ora? Un’idea di giustizia da far mettere le mani nei capelli a qualsiasi sindacalista… Dio, però, non si limita ad indicarci in che cosa consistano la bontà e la giustizia, ma accompagnandoci un passo alla volta, vincendo le nostre reticenze, perdonando le nostre incapacità, ci insegna a metterle in pratica, chinandosi su di noi, prendendoci per mano, dirigendo nuovamente i nostri passi e rialzandoci ogniqualvolta cadiamo. Sì, Dio è buono e giusto, perciò insegna la via ai peccatori.