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Passi incoraggianti nella lotta alla povertà

La Banca Mondiale ha pubblicato in questi giorni il Global Monitoring Report 2014/2015 in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale. Esiste ancora un numero altissimo di persone in povertà estrema, ma la strada imboccata ha portato a qualche risultato: dal 2008 al 2011, in soli tre anni, il numero dei poveri è sceso di 200 milioni, passando dal 19 al 14% della popolazione mondiale.

Abbiamo chiesto un commento della situazione al pastore Rino Sciaraffa di Compassion, organizzazione internazionale attiva in Italia dal 1994, presente in 25 Paesi tra Asia, Africa e America Latina e che lavora contro la povertà di bambini e madri tramite le adozioni a distanza.

«Ritengo che ci siano risultati incoraggianti per la lotta alla povertà. Cento milioni di persone oggi non muoiono più per mancanza assoluta di cibo, nello stato del Ruanda il tasso di mortalità infantile è diminuito del 30%, in molti paesi le campagne di vaccinazione hanno portato buoni risultati contro varie malattie che fino a qualche tempo fa erano ancora mortali, come la poliomielite, la malaria o la polmonite. Però non bisogna fermarsi. Ancora 800 milioni di persone patiscono l’assenza di cibo, o muoiono per malattie che si potrebbero risolvere con una buona azione sanitaria». 

Quanto si impegnano realmente i governi e quanto invece questa situazione pesa sulle spalle del volontariato?
«Uno degli otto punti della campagna Obiettivi del Millennio riguardava proprio il partenariato internazionale e intergovernativo. La lotta alla povertà mette in campo diversi attori: l’Onu, i governi, i volontari che utilizzano diversi strumenti, tra cui anche il lobbying, per chiedere l’impegno concreto dei propri Stati. Nel marzo 1998 ci fu una grande campagna che radunò circa 2000 persone a Trafalgar Square e in cui si chiese l’impegno concreto del governo britannico per la cancellazione del debito dei paesi del Commonwealth, che avvenne puntuale l’anno successivo. Dal 2015 l’Onu dovrà sicuramente ridisegnare i proprio impegni, anche nell’ottica di geografie economiche e sociali che stanno mutando. Dal 2000 al 2015 sono intervenuti vari conflitti che hanno assorbito gran parte delle risorse che i governi avevano promesso di erogare per la lotta alla povertà, e non dimentichiamoci delle crisi economiche che hanno ridisegnato i bilanci. Si dovrà ripensare un modello nuovo di intervento e soprattutto cercare di rendere sempre più proattivi i governi beneficiari degli aiuti, in modo che abbiano le capacità di una programmazione economica autonoma e con una progettualità verso il futuro, soprattutto in settori importanti come l’istruzione e la sanità».

Foto: “India11 (10705443743)” di Department of Foreign Affairs and TradeIndia11. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons.