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Sierra Leone, le chiese in prima fila nei soccorsi

Si temono oltre mille morti in Sierra Leone a causa delle frana che nella mattinata di lunedì 14 agosto ha travolto le abitazioni di alcune aree rurali della cittadina di Regent, a 15 chilometri dalla capitale del paese, Freetown. Sono già stati recuperati i corpi di 400 persone, e sarebbero circa 600 le persone che mancano ancora all’appello. A causare il disastro le forti piogge dei giorni scorsi e l’instabilità di molte abitazioni che fanno parte dei quartieri informali che crescono alle periferie delle grandi città in tutto il mondo.

Ebun James, segretaria generale del Consiglio delle chiese in Sierra Leone traccia un primo bilancio: «Come si può ben immaginare la gente è sconvolta. Persone che hanno appena terminato di patire per una pesante epidemia del virus Ebola (che nel 2014 ha fatto 4 mila morti) e che ora si ritrovano senza più un tetto e con molti morti da piangere». Il Consiglio si sta adoperando in collaborazione con organizzazioni locali ed internazionali (Croce rossa e Christian Aid ad esempio) per fornire rifugio, assistenza, cibo, vestiti ai migliaia di sfollati che hanno perso tutto. Anche il servizio di assistenza della PcUsa, la Chiese presbiteriana degli Stati Uniti, ha immediatamente attivato i propri canali per monitorare la situazione: «ho parlato con alcuni nostri partner per capire cosa sta accadendo – racconta Luke Asikoye, referente della Chiese presbiteriana a stelle e strisce per le catastrofi internazionali-. Le piogge devastanti sono cadute nel bel mezzo della notte, con la maggior parte delle persone dunque a letto. Ecco perché il numero dei morti è così elevato. La popolazione della capitale e dei sobborghi poi è in continuo aumento e molti hanno costruito case sulle colline circostanti, eliminando gli alberi. Una volta rimossi il terreno diventa per forza vulnerabile e fragile, e di fronte a forte piogge ecco il disastro. Ciò mi rende assai triste perché si tratta di tragedie che si potrebbero evitare».

Danneggiata anche la St. Charles church, che sorge proprio nel villaggio di Regent. Si tratta della più vecchia chiesa in pietra del paese, e la terza dell’intera Africa, costruita nel 1816 dal reverendo anglicano William Johnson inviato per conto della Church Missionary Society ai tempi dell’impero britannico che iniziava la sua espansione. Il villaggio di Regent, come la vicina capitale Freetown, sono state fondate proprio da schiavi liberati dall’Inghilterra durante la guerra contro i nascenti Stati Uniti d’America. Ecco perchè in Sierra Leone sono il metodismo, il presbitarianesimo e poi l’anglicanesimo le tre denominazioni cristiane protestanti più diffuse.

Immagine: By Magnus Ohman – World66, CC BY-SA 1.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=501794