filibus

Mamma Africa, la Grazia e la fede in Cristo

Fra canti e applausi, in un’atmosfera di festa, l’arcivescovo nigeriano Musa Panti Filibus è stato eletto nuovo presidente della Federazione luterana mondiale (Flm) sabato 13 maggio a Windhoek, la capitale della Namibia. Una scelta significativa quella dei delegati provenienti da ogni angolo del pianeta, volta a premiare da un lato il crescente peso specifico del continente africano all’interno della comunione luterana, e dall’altro a riconoscere il grande lavoro svolto negli anni di pastorato da Filibus, sia all’interno del proprio Paese martoriato dagli attacchi del gruppo terroristico Boko Haram, sia in ambito internazionale con i ruoli di segretario del dipartimento per le Missioni e lo Sviluppo dell’Africa e con l’impegno nella politica inclusiva di genere, fra i caposaldi della Federazione.

57enne, una moglie a sua volta pastora della Lutheran Chuch of Christ in Nigeria (Lccn), tre figli, il neo presidente ha voluto ricordare nel discorso di insediamento le sfide per i prossimi anni: «Il mio sogno è quello di una Federazione sempre più protagonista in ambito diaconale nell’affrontare le grandi tragedie del nostro tempo, a partire dai milioni di profughi costretti a fuggire dalle proprie terre a causa delle guerre o dei cambiamenti climatici». I giovani«che devono diventare attori primari della vita di ogni singola chiesa» e le donne «che devono essere finalmente riconosciute alla pari degli uomini, senza più l’incubo delle violenze di genere» sono altri focus su cui il successore di Munib Younan concentra le attenzioni. Filibus è il secondo presidente della Federazione proveniente dall’Africa dopo Josiah Kibira, vescovo della Tanzania, alla guida della Flm dal 1977 al 1984.

Anche il nostro Paese ha motivo di festeggiare; Cordelia Vitiello, vice presidente della Celi, la Comunità evangelica luterana in Italia, è stata eletta infatti fra i 48 membri del Consiglio esecutivo, che affiancherà il reverendo Filibus nei sei anni di mandato: «un onore e una responsabilità – ha commentato a caldo Vitiello, napoletana di madre tedesca – che cercherò di mantenere con impegno e serietà».

Dopo le elezioni che si sono svolte sabato 13 maggio, il momento clou di tutta la settimana di dibattiti e tavole rotonde si è vissuto certamente con la grande cerimonia pubblica allo stadio Sam Nujoma di domenica di 14 maggio. Migliaia di donne e uomini, di ogni etnia e provenienti da ogni angolo della Namibia e non solo, hanno riempito gli spalti e il prato di colori e musica, preghiere e invocazioni, sotto un caldo asfissiante. Un grande momento collettivo, in cui ribadire la forza della fede in Cristo e l’unità di intenti davanti alle parole rivelatrici del monaco Martin Lutero, che 500 anni fa diede avvio alla Riforma protestante.

 

Significativa anche la presenza di ospiti di altre confessioni, a ribadire l’importanza di un cammino ecumenico ritenuto oramai ineludibile, vera sfida per i prossimi 500 anni. Il cardinale cattolico Kurt Koch, presidente del Consiglio pontificio per l’unità dei cristiani ha ribadito ai nostri microfoni l’importanza della «Dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla dottrina della giustificazione datata 1999, fondamento di un dialogo che prosegue e che sfocerà nei prossimi anni in un nuovo testo congiunto, questa volta su Chiesa, eucarestia e ministero, che promette di rappresentare un ulteriore tassello decisivo verso l’unità delle chiese».

Il segretario generale della Comunione mondiale delle chiese riformate, pastore Chris Ferguson ha manifestato a Riforma «La grande gioia di poter affermare che quest’estate a Wittenberg anche le chiese riformate sottoscriveranno la Dichiarazione sulla giustificazione, e insieme ai luterani ne firmeranno un’altra cui sarà affidato il compito di confessare il dramma di una chiesa divisa, affermare i frutti di decenni di dialogo impegnato da parte delle due organizzazioni e celebrare i recenti passi verso l’unità fatti in tutto il mondo dalle rispettive chiese membro, pronti per le sfide future».

Per il resto il tema delle violenze di genere è stato certamente fra quelli che più hanno toccato le corde dei 400 delegati, a partire dalla forte dichiarazione a riguardo sottoscritta dall’Assemblea, per giungere alle drammatiche e vibranti testimonianze del chirurgo Denis Mukwege, “l’uomo che ripara le donne”, che nella sua carriera ha curato oltre 50mila fra bambine, donne e anziane, vittime di stupri e violenze di ogni sorta: il suo appello ai pastori e ai vescovi «affinché escano dalle chiese, vadano incontro alla gente e non voltino lo sguardo dall’altra parte» è stato forse il passaggio più toccante dei sette giorni di assise a Windhoek.