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Le «95 tesi» furono realmente affisse?

Il cardinale G. Ravasi scrive un articolo sul Sole – 24 ore del 2 aprile scorso con il titolo: «Le 95 Tesi mai appese» (p. 26). Con questo egli accetta la conclusione di molti storici cattolici, a partire da Erwin Iserloh, secondo la quale l’affissione non è mai avvenuta: è una leggenda tardiva. Lo proverebbe il fatto che Lutero non ne ha mai parlato. Solo Melantone vi fa riferimento dopo la morte di Lutero, ma nel 1517 egli non era ancora arrivato a Wittenberg. Lutero si sarebbe limitato a inviare le sue Tesi sulle indulgenze ai suoi superiori gerarchici, l’arcivescovo Alberto di Hohenzollern (che era uno dei beneficiari dell’operazione finanziaria ma Lutero lo ignorava) e il vescovo di Brandeburgo Gerolamo Schulze. Alberto non rispose ma inviò le Tesi a Roma e «mise in movimento ogni leva per fermare il monaco» (H. Schilling, Martin Lutero. Ribelle in un’epoca di cambiamenti radicali, Claudiana, 2016, p. 141). L’unico che rispose positivamente fu il vescovo di Merseburg Adolfo II di Anhalt, il quale scrisse che le 95 Tesi del monaco di Wittenberg meritavano di essere affisse in molti altri luoghi.
In realtà, come scrive H. Schilling: «la più recente ricerca sulle fonti conferma che le 95 Tesi furono veramente affisse alla porta della chiesa del Castello come era consuetudine» (p. 138).
Lutero teneva moltissimo alla sua disputa sulle indulgenze. All’inizio delle 95 Tesi aveva scritto: «Per amore e zelo di portare alla luce la verità le seguenti tesi saranno discusse pubblicamente a Wittenberg sotto la presidenza del R.P. Martin Lutero, Maestro delle Arti e della Sacra Teologia (…) Per questo chiede che chi non possa discutere con noi di presenza, si esprima con lettere».
Infatti scrisse a vari amici per invitarli a venire a Wittenberg e nelle lettere fa più volte riferimento alla disputa. Ora è indubbio che parlare di disputa equivale a parlare dell’avvenuta affissione delle Tesi che ne costituiva la normale e consueta premessa. Volle anche chiarire che era sua intenzione disputare solo con «i pochi che abitano da noi e attorno a noi». «Si trattava di un atto accademico d’informazione e comunicazione comune nelle Università europee con l’invito a dibattere con l’autore delle sue Tesi» (Schilling, p. 138). Come Maestro in teologia Lutero era pienamente autorizzato a farlo anche senza il consenso del preside della Facoltà che era a quel tempo Carlostadio. Del resto Lutero lo aveva già fatto meno di due mesi prima, il 4 settembre 1517. In occasione del baccellierato di Franz Günther aveva redatto 95 Tesi sull’opposizione della sua teologia a quella di Aristotele e le aveva inviate al giurista di Norimberga ed ex collega Cristoph Scheurl, perché le trasmettesse ad altri. Si trattava dunque di un atto abitudinario e consueto che non aveva proprio nulla di rivoluzionario. Certo dobbiamo dimenticare l’immagine ben nota di Lutero con il martello in mano che inchioda le sue Tesi con aria di sfida, In realtà era compito del bidello dell’Università fissare l’avviso alla porta della chiesa con l’elenco delle Tesi da discutere.
Eppure, nonostante l’impegno e il desiderio di Lutero, la disputa non ebbe mai luogo. Indubbiamente ii suoi colleghi, preoccupati per le conseguenze dell’atto, non lo appoggiarono. Le autorità dell’Ordine agostiniano supplicarono Lutero di non coinvolgere l’Ordine in una dura controversia con l’Ordine domenicano cui apparteneva Tetzel, il banditore della Crociata. Questo fallimento può forse spiegare il suo silenzio su un atto così ordinario e consueto da non ritenere necessario menzionarlo.
Ma all’affissione delle Tesi fanno invece riferimento varie incisioni dell’epoca, fra cui ci è ben nota quella del 1527 raffigurante un sogno di Federico il Savio, in cui Lutero scrive le sue Tesi sulla porta della chiesa con una lunga penna d’oca (riferimento a Hus = oca) che fa cadere il triregno papale dalla testa di Leone X.
Quando una copia manoscritta delle 95 Tesi di Lutero giunse in mano a Cristoph Scheurl a Norimberga, questi la fece stampare nel dicembre 1517 e la fece pure tradurre in tedesco. Altre edizioni a stampa uscirono a Lipsia e a Basilea. Lutero fu stupito per la loro rapida diffusione ma ne fu dispiaciuto e scrisse a Scheurl: Non è così che si deve istruire il popolo. Perché [nelle mie Tesi] vi sono varie cose che mi lasciano dubbioso e avrei discusso di alcuni punti in modo diverso e con maggior sicurezza, oppure li avrei cancellati se lo avessi saputo» (p. 139).
Infatti, scrivendo l’11 novembre 1517 all’amico Johannes Lang per inviargli le sue Tesi, affermò: «Ecco ti mando ancora altri miei paradossi». E quando Spalatino poté finalmente leggere le 95 Tesi a Federico il Savio durante un viaggio, il principe commentò: «Vedrete che il papa non le approverà!». Solo il 21 agosto 1518 Lutero riuscì finalmente a spiegare al popolo i suoi «paradossi» pubblicando le Risoluzioni «per non lasciare nell’errore coloro che possono pensare che tutte le Tesi sono dichiarazioni inoppugnabili (asserta)».

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