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Dio era in Cristo

Siamo giunti al secondo volume di quelli che l’autore, Fulvio Ferrario, professore di teologia sistematica alla Facoltà valdese di Teologia, chiama «Frammenti di teologia dogmatica». Il primo è uscito nel 2008 con il titolo Dio nella Parola. Si ha qualche difficoltà a considerare «frammento» un libro di 600 pagine. Tuttavia il senso è chiaro: la rivelazione è certamente compiuta, e la Bibbia la testimonia, ma è una realtà viva; il tentativo di comprenderla va sempre ripreso e non è mai esauriente.

Il primo capitolo offre un’ampia panoramica delle trasformazioni culturali e religiose in atto in quella che l’autore chiama «tarda modernità» (meglio dell’abusato «postmodernità»), dominata dalla visione scientifica. A questo proposito egli rivendica la legittimità di un discorso che non si fermi al livello dell’indagine scientifica, ma sia attento alla dimensione di realtà aperta dal messaggio biblico. Peraltro i problemi che si pongono al protestantesimo storico sono messi in chiaro rilievo. Tale situazione critica sarà ripresa in modo affilato nelle pagine finali del libro, dove si dice a chiare lettere che per le nostre chiese non è prevedibile in tempi brevi una ripresa di espansione, ma, al contrario, si deve temere un’ulteriore contrazione. Ma questa visione realistica non impedisce all’autore di proporre le linee di una prassi cristiana. Infatti la rivelazione e la salvezza, divenute realtà nella storia di Gesù Cristo, come tutta la riflessione cristologica del libro ha mostrato, continuano a fondare la vita delle nostre chiese. Si tratta dunque di vedere come sia possibile una testimonianza nella situazione di minoranza e di marginalità, in un’apertura inclusiva e in una prassi di preghiera, di terapia e di amore. Non sarebbe male se questo sesto capitolo fosse discusso in una serie di incontri nelle comunità o almeno fra coloro che svolgono un ministero.

La cristologia vera e propria è sviluppata nei quattro capitoli centrali. La risposta alla domanda di Gesù: «Chi dite voi che io sia?» (pp. 425 s.), può essere data soltanto recependo il senso della sua storia. Quale storia? Ferrario con ragione dà credito alla ricerca sul Gesù storico. Se non è possibile scrivere una biografia completa, della vita di Gesù si può ricostruire un quadro abbastanza attendibile. È giusto dunque servirsene, perché è utile per lumeggiare meglio l’umanità di Gesù. È sufficiente? Qui la scelta del teologo si impone: non è sufficiente, perché la risurrezione ha rivelato che Dio si è identificato con quest’uomo e con la sua storia, ha agito attraverso la sua morte e ne ha fatto lo strumento per il suo piano di radicale liberazione della condizione umana, nonché del creato.

Dunque la ricerca storica, pur con tutti i suoi meriti, non è tutto. Come procede allora Ferrario? Non aspettatevi di trovare nelle sue pagine una semplice ricostruzione storica; vi trovate già, in parallelo con le osservazioni storiche, una chiara esposizione del loro significato teologico. È un vero e proprio programma di lavoro teologico: la riflessione si appassiona alla storia di Gesù, nell’attesa che ne nasca una conoscenza autentica. I dati biblici risentono di una visione del mondo che non è più la nostra; inoltre non sono una riproduzione statica dei fatti accaduti, ma ne danno un’interpretazione. Le interpretazioni possono anche essere molteplici, come accade per il significato della croce e per il modo in cui è presentata la risurrezione. Con questo la narrazione biblica ha una carica di attualità e autenticità maggiore di quanto non possa offrire la pura ricerca storica.

Il teologo riflette dunque nell’ascolto della testimonianza biblica. Egli si sforza poi di esprimere quanto ha recepito in termini comprensibili oggi. Per spiegare questo procedimento, Ferrario usa la metafora dei «testo a fronte»: da un lato c’è l’annuncio biblico e, in modo derivato, la riflessione teologica del passato; dall’altro c’è la traduzione del teologo, che beninteso non esclude altre traduzioni possibili. Il primo messaggio cristiano parte dall’annuncio della morte e della risurrezione di Gesù; in un secondo tempo si aggiungono le narrazioni sulla sua attività terrena. La riflessione di Ferrario segue lo stesso ordine: la cristologia si sviluppa prima a partire dalla croce (cap. 2), poi dalla risurrezione (cap. 3) e infine dai momenti essenziali dell’azione terrena (cap. 4). In questo sforzo di aderenza alla storia, vengono via via trattati tutti gli aspetti e i problemi della cristologia.

In tensione con questa impostazione sta il quinto capitolo, che è un chiarissimo condensato di storia dei dogmi della chiesa antica. I grandi teologi dal II al V secolo non si sono interessati alla storia, ma si sono serviti degli strumenti concettuali della filosofia ellenistica per chiarire la relazione fra Dio e Gesù, ossia per tentare di spiegare la distinzione e il legame delle nature umana e divina nella persona del Salvatore. I loro conflitti, le confusioni, gli interessi politici che si sono mescolati alle loro posizioni, non ci impediscono, secondo Ferrario, di vedere nei dogmi di Nicea e Calcedonia delle indicazioni ancora valide per proseguire nella riflessione.

Il libro non è un monologo: procede in dialogo con autori antichi, moderni e contemporanei, non escluse le teologhe femministe, offrendo così al lettore e alla lettrice una ricchissima informazione.

Con la cristologia siamo al cuore della fede e quindi anche del lavoro teologico. L’autore indica come essa abbia una portata anche e proprio per la nostra comprensione di Dio. I paragrafi 2.4, «Il Dio del Crocifisso», e 4.8, «Il Dio di Gesù», oltre ai punti dedicati alla dottrina dello Spirito Santo, contengono alcune delle pagine più belle del libro. In molte osservazioni affiorano le linee di un’escatologia e di un’etica. Sono tanti spunti che potranno essere sviluppati in qualche prossimo «frammento». Ce lo auguriamo.

* F. Ferrario, Dio era in Cristo, Torino, Claudiana, 2016, pp. 602, euro 48,00.

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