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Nominare il Male per dire che si può vincerlo

Un dialogo su un bus parigino: «I governi hanno la vista corta». «Non accusate i governi (…) Sono le masse che reggono gli avvenimenti. Forze oscure delle quali è perfettamente impossibile conoscere le leggi». «È vero che c’è qualcosa che ci spinge contro quel che siamo (…)». «Chi è dunque che si diverte a deridere l’umanità?». «Il diavolo, probabilmente». Udita questa affermazione, l’autista del bus frena improvvisamente, qualcuno cade o sbatte la fronte. A quella frase fa riferimento il titolo del film, Il diavolo, probabilmente, del regista Robert Bresson (1901-1999), cattolico anomalo, da alcuni considerato quasi giansenista. Ma una evocazione, quasi fisica, del diavolo o di Satana è tornata d’attualità quando la settimana scorsa il papa, ricevendo alcune decine di pellegrini provenienti dalla arcidiocesi di Rouen, dove il sacerdote Jacques Hamel era stato sgozzato a fine luglio, ha pregato e pronunciato una omelia in suo ricordo, tacciando di «satanico» l’omicidio del sacerdote.

«Il papa ha usato il termine “satanico” come aggettivo – dice Yann Redalié, professore da poche settimane emerito di Nuovo Testamento alla Facoltà valdese di Teologia –: è interessante che così abbia voluto indicare una sfera di potere, un sistema di relazioni caratterizzate da una potenza più forte del soggetto umano, che poi si rende autore di atti pratici come un omicidio. Il papa ha fatto riferimento al fatto che lo stesso padre Hamel ha nominato Satana mentre veniva brutalizzato. Ma questa rappresentazione di Satana non è una raffigurazione fisica, bensì l’oggettivazione del Male». L’evento è stato ampiamente seguito dal quotidiano cattolico francese la Croix, che nella versione online ha proposto anche i commenti di un sacerdote e esorcista di Parigi, Jean-Pascal Duloisy, e del teologo protestante di Montpellier Olivier Abel. Un confronto interessante, anche perché, come sottolinea Abel, «oggi le differenze tra cattolicesimo e protestantesimo nella concezione del Male tendono a sfumare: la tradizione tomista tende a non personificare la figura del Diavolo, e d’altra parte vi sono correnti, all’interno del protestantesimo, che ne fanno una persona a tutto tondo».

«Nella tradizione protestante – prosegue Redalié – l’individuazione del Male ha portato a una forte moralizzazione, al “senso di colpa” che abbiamo ben conosciuto nei film di Ingmar Bergman, un Male a cui è difficile resistere; e tuttavia l’aggettivo “satanico”, che rimanda addirittura alla possessione da cui derivano atti omicidi, non è tipico solo della Bibbia, si trova qualcosa di analogo nel pensiero e nella letteratura classiche, per esempio con Medea che nella tragedia omonima uccide i propri figli. Noi ricordiamo anche Paolo che dice: “il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio” (Rom. 7, 19). È in qualche modo ciò che accade anche in tante forme di depressione. Non si tratta dunque di una “fisicità”, si tratta di poter nominare il fenomeno che porta un individuo a essere spossessato di sé, preda di qualcosa che è più forte».

Lo conferma Eugenio Borgna, psichiatra e saggista, che unisce l’esperienza clinica a una lunga traversata dello spazio letterario, poetico e filosofico, da Pascal e dal Romanticismo tedesco ai giorni nostri, quando racconta nei suoi libri di aver riscontrato, in un certo numero di pazienti una forza che sembra muovere le persone dal loro interno, prendendo piede e sottomettendo la loro volontà: «Sono fenomeni psichici abnormi – ci dice –che io sono ovviamente portato a interpretare in senso psicopatologico, all’interno di quello che è un disturbo della vita psichica dell’individuo: disturbo che ha delle cause sia psichiche sia biologiche sia ambientali; la mia osservazione, naturalmente, si muove all’interno di un discorso “naturale”, l’approccio teologico alla questione è altra cosa. Come medico devo ricondurre determinate manifestazioni a delle cause osservabili scientificamente».

Certo i rimandi alla Bibbia esistono, e numerosi, ricorda ancora il teologo e biblista: «Nell’Apocalisse Satana è citato otto volte, come elemento di terrore ma anche di fascinazione. In Marco però (8, 33) Gesù si rivolge a Pietro e gli dice “Vattene via da me, Satana!”. Gesù aveva appena parlato della Passione a cui sarebbe stato sottoposto, e Pietro rifiuta questa idea del Cristo sofferente. Per questo suo rifiuto di vedere la futura sofferenza del Figlio dell’uomo, Gesù gli si rivolge con parole che poi diventeranno quelle degli esorcismi. Quelle che il papa ha rievocato come parole pronunciate dal sacerdote di Rouen al suo assassino. In ogni modo è importante che la Bibbia parla di Satana non descrivendolo in modo oggettivo, ma sempre nel contesto di una battaglia, di una lotta, è funzionale a un discorso di liberazione. Ci viene descritta una forza di cui liberarsi, ma ci viene detto anche che Gesù ci libera da queste forze».

Resta da chiedersi in che modo questi argomenti possano entrare nel dialogo fra le Chiese, ma qui si apre un discorso ancora più vasto: «Non è interessato solo il dialogo ecumenico – conclude Redalié –, a cui giustamente fa riferimento Olivier Abel quando dice che dialogando su questi temi le varie tradizioni possono correggersi reciprocamente; ma il modo di affrontare il problema del Male anche all’interno di una stessa chiesa o denominazione, come all’interno della grande famiglia metodista, è utile mettere a confronto le tradizioni culture diverse».

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