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Gli italiani che un giorno potrebbero cambiare

Una vignetta inquadra in copertina l’ultima fatica editoriale di Lorenzo Tibaldo, Gli italiani (non) son tutti fatti così: «Papà – dice un giovane figlio basito al padre – ma come avete potuto permettere tutto questo schifo?!?» e il padre affranto risponde «ci hanno governato a nostra insaputa…». «Le speranze deluse nella storia d’Italia», Tibaldo le racconta nel suo volume uscito per l’editrice di Tricase Youcanprint Self-Publishing.

L’Italia, si evince dal libro che ne ripercorre la storia, continua a mostrare noncurante del passare del tempo e degli insegnamenti ricevuti, alcuni dei suoi peggiori difetti: trasformismo, qualunquismo, populismo, sentimenti di anti-politica, clientelismo, corruzione, iper-burocrazie e inefficienze; dunque per colpa di una carente etica pubblica – in gran parte della classe dirigente e della stessa società civile –: «C’è chi si rinchiude nella ormai conosciuta affermazione che “gli italiani sono fatti così” – ricorda Tibaldo –, e tanto vale adattarsi e accettare questo stato di fatto, “navigare”, ognuno per sé, in questo mare in burrasca».

L’intento del libro è un altro, ottenere il risultato opposto: «respingere l’idea che tutto (il male che affligge il nostro paese, ndr) sia colpa degli italiani, destinati a rimanere in questa immodificabile ed eterna situazione». Il testo è un sintetico e denso studio – attraverso il Rinascimento, il Risorgimento, il fascismo, la Resistenza e i primi anni del dopoguerra – di quelle radici «malate» del passato che ancora condizionano la società italiana privandola di quelle che per Tibaldo sono «necessarie e inderogabili trasformazioni. Il passato condiziona il presente – prosegue l’autore – ma non è un testamento vincolante», proprio come ricorda il pastore Giorgio Bouchard nella prefazione: «C’è chi paragona l’Italia a un risibile e gigantesco outlet – scrive Bouchard –, chi la descrive come il regno di un colossale disordine destinato al disastro, chi condisce i propri articoli di giornale con un malinconico pessimismo […]. Tibaldo è profondamente diverso: per capire la situazione presente fa ricorso alla storia […] segnala il primato culturale dell’Italia del Rinascimento […] raggiunge il suo diapason con l’orribile ventennio fascista […] e la parte più bella e nobile di tutta la storia italiana e moderna, la Resistenza».

Pagine, quelle di Tibaldo, che consentono di cogliere attraverso un linguaggio scorrevole e comprensibile, molte delle cause e dei problemi del nostro presente, tuttavia scevre da vittimismo o da frettolose analisi di comodo: «Il titolo – scrive un melanconico Elvio Fassone, magistrato che ha curato un’articolata postfazione – sembra lasciare uno spiraglio, poiché non “tutti gli italiani” sono fatti in quel certo modo sgradevole: ma il sottotitolo ne richiude il varco, perché parla di “speranze deluse”, come a dire che non basta una minoranza di probi a riscattare la maggioranza che fa di noi una “nazione infetta”». Un libro, per parafrasare Fassone, che ci ricorda però che siamo figli di «quello stesso ceppo che ha prodotto Dante, Leonardo, Michelangelo, e poi Garibaldi, Verdi, Fermi e mille altri vertici dell’umanità»; un libro dedicato agli italiani «che non sono fatti così» e che accanto ai furbastri lavorano, pagano le tasse, fanno la raccolta differenziata, alimentano il volontariato, fanno il loro dovere, tenendo acceso il lucignolo dei valori; ma soprattutto a quegli italiani che invece e purtroppo sono proprio «fatti così!» ma che con il tempo, se lo vorranno, potranno cambiare.