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Le religioni sono vive se continuano a camminare

Il 23 maggio papa Francesco ha incontrato in Vaticano l’Imam dell’Università Al Azhar del Cairo, Ahmed Al Tayyib: un incontro importante, definito storico da molti, per via del presunto gelo con il mondo musulmano sunnita dopo una lectio magistralis di papa Benedetto XVI a Ratisbona, in cui il pontefice invitò l’Islam a rivedere il proprio rapporto con la violenza, definita non razionale e quindi non degna di Dio. Le due autorità religiose hanno parlato, tra le altre cose, dell’impegno per la pace nel mondo, dei cristiani nei conflitti in Medio Oriente e del rifiuto della violenza e del terrorismo. Abbiamo commentato la notizia con don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.

Si è parlato di “incontro storico”: cosa ne pensa?
«Si, ma confesso che sono un po’ allergico all’aggettivo “storico” in questi casi. Non perché questo incontro non lo sia stato, ma perché lo definirei più come “profetico”, anche cristianamente parlando, così come altri incontri che ci sono stati. È da vedere sotto l’aspetto di una certa profezia, da parte del Papa, ma anche dalla parte del mondo islamico che al Tayyib rappresenta. Sappiamo che il mondo islamico non è così coeso su determinati fronti, ma è fuori dubbio che l’Università del Cairo è tutt’altro che insignificante tra le istituzioni islamiche. Mi sembra di dover sottolineare questo fatto, anche perché mi pare che vada in una precisa direzione: un incontro si fa sempre in due. Mi ha colpito la dichiarazione di Francesco a caldo, il quale ha detto che il discorso è l’abbraccio, al di là di cosa si sono detti tra loro. L’incontro stesso è importante in sé. Molte cose sono state dette sul dialogo tra cristiani e musulmani: in casa cattolica dal Consiglio Vaticano in poi, e con questo gesto hanno voluto passare al pratico, al concreto».

Cosa pensa del gelo ai tempi di Ratzinger?
«È stato detto del gelo tra cattolici e musulmani dopo le parole di Benedetto a Ratisbona: ma io non credo che si tratti di questo. Musulmani e cristiani sono diversi, va affermato con forza, ma è chiaro che mentre ci diciamo le nostre posizioni, queste si possono scontrare in un certo senso. Non credo che ci sia stato uno scontro a Ratisbona, ma in ogni caso questa non è la fine del dialogo, anzi, è uno stimolo per fare un passo avanti».

Questo incontro dunque è da leggere come un punto di arrivo o un punto di partenza nel dialogo islamo-cristiano?
«Un po’ entrambe le cose. Guardando al passato è un punto di arrivo, sicuramente sono dichiarazioni importanti per chi le sa cogliere, mettono l’islam sotto una luce molto precisa: spesso generalizziamo male, pensando che il terrorismo sia islamico, quando non è proprio così. Tengono conto di quanto è stato detto e chiesto reciprocamente nel passato. Ma è anche uno stimolo ad andare avanti, sarebbero guai se pensassimo che il dialogo tra musulmani e cristiani – o in campo ecumenico – possa avere un punto di arrivo: sarebbe la morte del dialogo. Direi un punto di ri-partenza, di ri-motivazione».

Il papa ha incontrato esponenti di diverse religioni e confessioni con le quali ci sono state tensioni in passato: è un papa della riconciliazione?
«Penso anche io che sia una lettura possibile, ma anche qui è importante vedere queste scelte all’interno di un cammino: non è papa Francesco che ha deciso un avvicinamento per il suo carattere, cultura o provenienza geografica: è più una questione di Kairos, cioè di tempo storico in cui viviamo. Che sia Francesco o un altro, in questo momento della storia è stato possibile fare gesti del genere, ma perché ci sono stati dei precedenti che con piccoli passi hanno portato a questo. Il papa è andato dai valdesi, poi i valdesi dal papa: ma anche qui sono entrambe le parti che decidono di incontrarsi. Questi ragionamenti tornano a galla solo ogni tanto e magari se non se ne sente parlare si pensa che sia tutto fermo, in realtà non è vero. Credo che il modo che troviamo di gestire questi incontri dipenda dal papa Francesco, ma il percorso è più ampio».

Alcuni commenti hanno sottolineato che per i musulmani non è stato un ricucire una ferita, ma parte di una riforma del pensiero islamico, un cammino. Su quale sentiero è il mondo cattolico«Anche il cattolicesimo è in fase di cambiamento e di approfondimento, così come altre confessioni: anche l’aspetto teologico e di riflessione di una fede, nel momento in cui è un pensiero vivo, conosce un progresso. I fossili sono fermi e si possono studiare molto, ma non cambiano. Credo che né la chiesa cattolica e nemmeno l’islam siano dei fossili. Anche dalla base delle religioni c’è una spinta per questo approfondimento e aggiornamento: per noi non significa inseguire la moda, ma cercare di capire come il Vangelo sia vissuto oggi con la fedeltà ma con l’attenzione al tempo nel quale viviamo. Da parte nostra va visto con enorme rispetto e incoraggiamento. Le fatiche ci sono, chiedersi cosa lasciarsi alle spalle non è mai facile, ma è una continua elaborazione. Chi elabora riconosce la propria vitalità».

Foto: via istockphoto.com