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Un film che smaschera ipocrisie e pregiudizi

Caldo. Un’estate caldissima. Una calura difficile da sopportare, il sole implacabile, la tragica siccità. Il sindaco del paese verifica il livello dell’acqua potabile, ogni giorno più basso. Una contadina vede il suo mais assetato non crescere e morire. Il campo del vicino è verde, ma lui ha i soldi e si è comprato una pompa e vorrebbe comprare i terreni di tutti gli altri. Siamo in un piccolo villaggio della provincia interna francese, una piccola comunità dove tutti si conoscono e vanno avanti così da sempre, risolvendosi tra loro ogni problema, o quasi. Infatti un problema c’è, e piuttosto difficile da risolvere: Joseph, ragazzone più che adolescente e con problemi mentali, figlio di una famiglia di zingari manush che vive in paese, comunque diversi e da sempre guardati con sospetto. In breve, Joseph che si comporta in modo per gli altri strano, che ha tutte le pulsioni dei ragazzi della sua età, appare come un pericolo, una mina vagante, una vittima designata, un capro espiatorio di ogni tensione che nasce nell’estate torrida.

Ci fermiamo qui nel raccontare Coup de chaud di Raphaël Jacoulot, commedia drammatica francese uscita il 12 agosto scorso, che ha meritato il premio Interfedi 2015 nell’ambito del Torino Film Festival con la seguente motivazione: «Racconta di un’estate anomala in cui è la natura stessa a essere protagonista e fa emergere conflitti in una vicenda dove menzogna, ipocrisia e pregiudizi convergono nella diffidenza per un diverso che non può essere altro che vittima o assassino. Con occhio lucido e distaccato il regista racconta le difficoltà di integrazione e la fragilità dei rapporti interpersonali all’interno di una piccola comunità rurale».

Oltre a questo, la giuria del Premio, composta da Ada Treves (Comunità ebraica), Marco Fraschia (Chiesa valdese), Beppe Valperga (Comitato Interfedi) ha assegnato una menzione al documentario Flotel Europa di Vladimir Tomic, perché «è importante e meritevole di menzione per la sua forza e per come costringe a soffermarsi su cosa sia in realtà – pur se in contesto ed epoca differenti – la vita di migranti e profughi una volta raggiunto un Paese sicuro. L’impossibilità di integrarsi vivendo in una nave ormeggiata, la realtà di una vita trascorsa ad attendere qualcosa che potrebbe non arrivare mai sono i temi di un documentario disperato che è anche uno sguardo sul passato e quasi un percorso di iniziazione». Dunque una storia autobiografica in cui Tomic, oggi artista affermato, utilizza reperti d’epoca e li rielabora senza stravolgerli, trattandoli come testimonianza di vita, sentimenti e speranze.

Il Premio Interfedi per il rispetto delle minoranze e per la laicità – promosso dalla Chiesa valdese e dalla Comunità ebraica di Torino, con il patrocinio del Comitato Interfedi della Città di Torino – è arrivato alla terza edizione, nell’ambito del Torino Film Festival e, quest’anno, dopo essere stato annunciato nella conferenza stampa del Festival di sabato 28 novembre, è stato consegnato all’attore protagonista del film domenica 29 novembre, nel Salone della Casa valdese, alla presenza di un pubblico appassionato e interessato. Una cerimonia di consegna semplice e prestigiosa in cui è stato sottolineato il profondo significato del Premio da Patrizia Mathieu, presidente del Concistoro valdese di Torino e da Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica.