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Passione e intelligenza

Giovedì 14 maggio è morto Nicola D’Ippolito, mentre guidava il corteo della Veglia ecumenica per il superamento dell’omofobia e della transfobia. Avevamo avuto un forte momento di preghiera e di spiritualità ecumenica, grazie anche alla predicazione della candidata al ministero pastorale Eleonora Natoli sul versetto 14 del salmo 139: «Io ti celebrerò perché sono stato fatto in modo stupendo». Da lì si è costituita una marcia che avrebbe dovuto sfilare nel breve tragitto che separa la chiesa dal Palazzo delle Aquile, sede del Comune, dove il sindaco Leoluca Orlando ci aspettava per la parte più politica e civile dell’iniziativa.

Il corteo, però, si è fermato insieme al cuore di Nicola, a pochi metri dal Comune. A nulla sono serviti il soccorso e le cure amorevoli dei suoi amici prima e degli operatori sanitari poi. Chi scrive era a pochi passi da Nicola e, fino a pochi istanti prima, seguiva le sue istruzioni su come portare la lunga bandiera arcobaleno che apriva il corteo.

Nicola aveva 67 anni ed era uno degli omosessuali più impegnati politicamente a Palermo. Aveva ispirato una generazione intera di omosessuali, forse due. Aveva fondato la sezione palermitana di ArciGay e la prima associazione di omosessuali cristiani, denominata Koinonia, che in seguito avrebbe ispirato Ali d’Aquila, il maggiore gruppo attivo oggi a Palermo. Anni fa organizzò praticamente da solo la prima Veglia contro l’omofobia a Palermo: quest’anno scherzavamo sul fatto che alla riunioni preparatorie della Veglia gli eterosessuali erano in maggioranza. Docente di scuola superiore in pensione, regista teatrale e scrittore, da tempo soffriva di cuore. Da poco meno di vent’anni aveva aderito con convinzione alla chiesa valdese. Uomo di passione e di lucida intelligenza, non aveva avuto sempre un rapporto pacifico con tutti i fratelli e le sorelle delle chiese di Palermo. È normale non andare d’accordo con tutti, ma la sua autenticità non permetteva che un contrasto rimanesse nascosto; allo stesso tempo, i contrasti non erano mai sul livello personale, ma sempre su temi e modalità.

Frequentava anche la comunità cattolica di San Francesco Saverio, guidata da don Cosimo Scordato, punto di riferimento per molti omosessuali (e non solo) cristiani a Palermo e aveva preso casa lì vicino. La Veglia era ecumenica anche perché Nicola non accettava che ci fossero divisioni nell’accoglienza delle chiese alle persone omosessuali.

Quando Nicola è morto, ha avuto un suo primo, improvvisato, funerale lì, sulla strada dei diritti dove stavamo marciando tutti. Padre Cosimo e chi scrive hanno condotto un momento di predicazione e di preghiera davanti alle persone importanti nella vita di Nicola: un’esperienza di profonda comunione. Abbiamo letto e consegnato al sindaco una lettera indirizzata al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio dei ministri— stilata da Nicola, della quale era primo firmatario — in cui i promotori della Veglia ecumenica chiedevano l’approvazione di leggi che, in linea con le direttive europee, eliminassero le disuguaglianze e discriminazioni tra cittadini sulla base dell’orientamento sessuale.

Passione e intelligenza: Nicola riusciva a tenere insieme questi elementi del suo essere, come solo un protestante sa fare, tenendo in sé la condizione di justus et peccator. Per passione e intelligenza aveva aderito senza indugio alla chiesa che corrispondeva alla sua comprensione dell’Evangelo. Per passione e intelligenza non era diventato, come fanno molti invero, un “anticattolico”, ma aveva mantenuto un contatto franco, critico e aperto con la chiesa italiana maggioritaria. Per passione e intelligenza esortava incessantemente le chiese e la società a fare presto, a non rallentare, a non indugiare sui diritti di tutti e tutte. Le istituzioni — sia le chiese sia lo stato — sono lente e hanno i loro tempi: questo Nicola non lo accettava, perché la vita delle persone è breve ed è preziosa. Perché un uomo o una donna devono aspettare di essere riconosciute e accolte nella loro pienezza nelle comunità religiose e civili di cui si trovano a far parte? Su questo Nicola aveva ragione e questo è il testimone che ci lascia.

Nicola è morto nel giorno dell’Ascensione, quando ricordiamo Gesù che sale al Padre e pensiamo alla sua promessa di tornare per portarci con lui a vita nuova nel suo Regno. Mentre aspettiamo, però, il ritorno del Signore, non indugiamo alla ricerca incessante della sua giustizia. Nicola è morto da combattente sulla strada dei diritti, ma la strada dei diritti non è conclusa e, anche se manca poco, quel poco significa tanto per tante donne e tanti uomini ancora.

Foto di Fabio Franzella