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Tempo di cambiamenti a «La Noce» di Palermo

Dallo scorso luglio il Centro diaconale «La Noce» di Palermo ha una nuova direttrice: Anna Ponente, psicologa e psicoterapeuta. Da neolaureata ha iniziato a lavorare a La Noce come operatrice e per anni ha coordinato l’intero settore di intervento sociale. A lei abbiamo rivolto alcune domande.

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Quando è cominciato il suo lavoro a La Noce?

«Era il 1996, quando per un anno ho lavorato come educatrice domiciliare. Ero appena laureata in psicologia e per me è stata un’opportunità veramente preziosa. Per i laureati in psicologia, infatti, è molto difficile non solo l’inserimento lavorativo, ma anche poter applicare il modello teorico acquisito in ambito sociale. Il centro La Noce è stato per me un luogo privilegiato di applicazione dei modelli teorici di intervento sociale all’avanguardia».

Nella relazione al Sinodo si fa riferimento ad alcune novità di intervento del centro diaconale La Noce. Ce ne vuole parlare?

«Un settore nuovo, introdotto dal precedente direttore del centro, il pastore Francesco Sciotto, è quello della giustizia riparativa. Grazie anche alla collaborazione con la Federazione delle chiese evangeliche della Svizzera (Eks), lavoriamo con minori che ci vengono affidati dall’Ufficio di esecuzione penale esterna del Ministero di giustizia, e con minori e giovani adulti inviati dall’Ufficio sociale minorile del Ministero di giustizia. Queste persone, a stretto contatto con i nostri operatori, con i volontari provenienti dall’estero e con i volontari del servizio civile, non solo apprendono un mestiere ma fanno anche un’esperienza positiva di relazione interpersonale, che è ciò che a loro maggiormente manca, dal momento che provengono quasi tutti da famgilie deprivatissime e dai quartieri a rischio di Palermo. Quindi, nell’ambito della giustizia riparativa, ci occupiamo dell’aspetto sociale congiuntamente a quello più psicologico, relativo ai drammi subiti».

Il percorso riparativo avviene unicamente presso il Centro La Noce?

«Una parte viene svolta presso il Centro, un’altra a domicilio. In questo caso c’è un tutor che segue il ragazzo segnalato dal servizio sociale del Ministero e che elabora una progettualità condivisa. Ci vengono affidati ragazzi dai 16 ai 18 anni con i quali svolgiamo un lavoro molto approfondito di ascolto. Si crea così una relazione importante tra tutor, ragazzo e famiglia».

La Noce gestisce anche due comunità alloggio La Casa dei Mirti e La casa di Batja, che recentemente hanno vissuto dei cambiamenti. Ce li può illustrare?

«La casa dei Mirti era una struttura per minori dagli 8 ai 13 anni segnalati dal Tribunale per i minori. Nel luglio del 2011 abbiamo ricevuto la richiesta del Ministero dell’Interno di accogliere i minori stranieri durante la cosiddetta “Emergenza Nord Africa”. L’esperienza ancora oggi continua ed è abbastanza strutturata: la Casa, infatti, è accreditata presso il Comune di Palermo, per cui i minori stranieri non accompagnati sono inseriti con decreto del Tribunale e con retta a carico del Comune di appartenenza. Per ciascuno di loro c’è un progetto che viene definito con il tutore, indicato dall’assessore. Nel cambiamento abbiamo introdotto un altro elemento di innovazione: dopo aver accolto solo minori stranieri, abbiamo allargato l’esperienza anche agli italiani. Al momento oltre a 7 stranieri ospitiamo un palermitano, e ci auguriamo che l’esperienza cresca».

Quale servizio offre invece la Casa di Batja?

«Per tanti anni questa casa è stata una comunità di accoglienza per bambini da 0 ai 5 anni e poi da 0 a 7. Oggi invece è una struttura accreditata presso il Comune di Palermo che accoglie nuclei madri-bambini. Spesso sono giovani donne che vengono allontanate da situazioni di maltrattamenti, violenze da parte dei mariti e compagni. Questo progetto ci entusiasma particolarmente perché risponde alla vocazione originaria de La Noce, che era quella di intervenire proprio a sostegno della relazione madre-bambino. Da tanti anni desideravamo avviare una struttura di questo tipo, rispondendo ai bisogni del territorio».

In un tempo in cui forti sono i tagli che si abbattono sul welfare, quali difficoltà La Noce si trova ad affrontare?

«Un motivo di affanno è che gran parte del finanziamento dipende dall’ente pubblico. Oggi viviamo un tempo abbastanza positivo, anche grazie all’importantissimo contributo che riceviamo dai fondi dell’otto per mille valdese, ma sappiamo che ci potrebbero essere momenti di forte difficoltà che dovremo saper affrontare con impegno».

Quali sono le prospettive future?

«Un desiderio che esprimo a nome di tutto il gruppo di lavoro è di poter stabilire presto un collegamento forte con il resto delle opere valdesi. Visto che La Noce ha superato il momento di emergenza, desideriamo lavorare sui progetti insieme ad altri. Siamo convinti, infatti, che la forza della diaconia sia la possibilità di mettere in rete le potenzialità esistenti in tutto il territorio nazionale».