scuola

Ora di religione cattolica: “Profumo d’Intesa”

A fronte di una crescente diminuzione degli alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica (Irc), nelle scuole italiane ogni anno aumenta il numero degli insegnanti: un “miracolo italiano” cui assistiamo da anni, sancito anche dall’Intesa firmata il 28 giugno 2012 dall’allora ministro dell’Istruzione Francesco Profumo e dal presidente della Cei Angelo Bagnasco, concernente i profili della qualificazione professionale degli insegnanti di religione cattolica, ovvero i titoli necessari per esercitare questo insegnamento “di parte”, ormai obsoleto ma che, forte dei privilegi di cui gode, continua ad imporsi nelle aule, sempre più vuote di studenti che lo scelgono.

Riepilogando i dati riportati dai media in questi giorni (fonte Cei), nell’anno scolastico 2012/2013 l’11,1 % degli studenti non si avvale dell’Irc, a fronte del 7% di dieci anni fa, con una percentuale più alta al nord a partire dalla scuola dell’infanzia (16,2%) per arrivare al 27,2% nella scuola secondaria, dove si raggiunge il 34,3% di non avvalentesi negli istituti professionali.

Sempre da fonte Cei sappiamo che negli ultimi cinque anni sono aumentati gli insegnanti “specialisti” di Irc sia nella scuola dell’infanzia che nella primaria, che hanno così sostituito le maestre abilitate, formatesi attraverso appositi corsi, che oggi invece le diocesi non organizzano più. Queste maestre sono passate da 32mila a 15mila mentre, sempre nello stesso quinquennio, i docenti specialisti sono aumentati da 11.692 a 14.226 unità. Nello stesso periodo sono aumentati anche i professori delle scuole secondarie, passati da 8.396 a 9.407, fatto questo non spiegabile neppure con l’adeguamento dei titoli necessari per l’insegnamento. Cercare di motivare questi aumenti dell’organico relativo all’Irc correlandoli all’aumento della popolazione scolastica non è certo una risposta convincente da parte del Ministero, visto che tale incremento non coinvolge i docenti delle altre discipline, ma soprattutto non risponde alle richieste manifestate dagli studenti in merito all’Irc, sempre più in calo.

Riflettendo poi sulla situazione di difficoltà in cui si trovano i non avvalentesi – 875mila alunni – dobbiamo anche valutare quale percentuale di studenti sceglierebbe ancora l’Irc se davvero la normativa vigente fosse applicata ed anche aggiornata, come sarebbe opportuno fare viste le mutate condizioni del contesto sociale, culturale ed economico in cui oggi si trovano ad operare le singole realtà scolastiche. L’Intesa firmata nel 2012 da Miur e Cei prevede proprio un “aggiornamento nella formazione degli insegnanti specialisti” con l’omologazione dei titoli accademici in base ai parametri europei, vincolanti a partire dall’anno scolastico 2017/2018, fatto che si stima coinvolgerà quasi 7mila cattedre.

Nulla di nuovo invece per chi non si avvale, neppure una risposta alla lettera inviata dal moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini, in cui si rimarcava la necessità di ottemperare ad un diritto: il rispetto della normativa vigente. Un silenzio che riguarda anche la divulgazione dei dati relativi alle scelte di famiglie e studenti, la cui unica fonte resta la Cei.

Le prospettive future di ritrovare insegnanti formati “ad immagine e somiglianza” dell’Ordinario diocesano che, qualora perdano i requisiti richiesti dal vescovo, restino comunque nelle scuole occupandosi di altre discipline, non sono poi così remote: già oggi questi docenti, entrati nella scuola per dedicarsi ad un insegnamento facoltativo (collocato però in orario curricolare), possono svolgere supplenze brevi e ricoprire funzioni di riferimento in svariati ambiti, dell’educazione alla salute all’organizzazione degli spettacoli teatrali fino al ruolo di referente per i disturbi specifici dell’apprendimento. Si delinea quindi il profilo di una scuola pubblica statale in cui il ruolo degli insegnanti di religione cattolica va ben oltre l’Irc, arrivando a coinvolgere tutti gli alunni, anche quelli che scelgono di non avvalersene.

Si rende sempre più necessario un intervento del Ministero, che risponda davvero ai diritti degli studenti e delle loro famiglie, partendo dai punti che, come Associazione, abbiamo riassunto nel documento presentato nel corso del convegno annuale (www.associazione31ottobre.it), condividendolo con la Federazione dei Giovani Evangelici in Italia ed in attesa di ricevere anche l’appoggio della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane. Una circolare riassuntiva della normativa, l’inserimento delle attività alternativa nel Piano dell’offerta formativa, la consegna all’atto dell’iscrizione dei moduli per le scelte, la pubblicazione dei dati numerici dei non avvalentesi, la presenza di un referente per le attività alternative presso l’Ufficio scolastico regionale sono alcune delle azioni necessarie affinché la possibilità di scelta sia veramente libera. Questo è quanto chiediamo al Miur, facendoci portatori delle istanze di tutti quegli studenti che, italiani o no, arricchiscono oggi le scuole pubbliche statali con le loro differenti culture e religioni.

Foto copertina: Boris Kyurkchiev via Stockvault